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IN EVIDENZA
CIMO-FESMED: «No a passi indietro rispetto all’ultimo CCNL»
«Qualsiasi tentativo di peggiorare l’attuale contratto sarebbe accolto come una provocazione dai medici e rappresenterebbe il definitivo “liberi tutti” per spingere i camici bianchi ad abbandonare la sanità pubblica»
Roma, 8 settembre 2025 – Nelle prossime settimane sarà pubblicato l’atto di indirizzo propedeutico all’avvio delle trattative per il rinnovo del contratto dei medici e dei dirigenti sanitari dipendenti del Servizio sanitario nazionale. Un atto dovuto, che il sindacato dei medici CIMO-FESMED chiede e attende da tempo.
«Ci auguriamo che il testo non preveda passi indietro sulle condizioni di lavoro rispetto a quanto abbiamo ottenuto nell’ultimo contratto – dichiara Guido Quici, Presidente CIMO-FESMED -. Negli incontri con Aran e Regioni a cui abbiamo partecipato nei mesi scorsi abbiamo reso chiara la nostra posizione: il rinnovo del CCNL 2022-2024 dovrebbe essere esclusivamente economico, per dare ulteriore tempo alle aziende di uniformarsi alle direttive previste dal contratto firmato lo scorso anno e concentrare gli sforzi negoziali sul CCNL 2025-2027. Abbiamo inizialmente ricevuto notevoli aperture alla nostra proposta, su cui poi tuttavia è calato il silenzio più assoluto. Non vorremmo dunque trovare, nell’atto di indirizzo, qualche sorpresa indesiderata».
«In tal caso, saremo categorici nel difendere i miglioramenti normativi ottenuti all’ultima trattativa: non accetteremo alcun tentativo di peggiorare l’attuale contratto – continua Quici -. Qualsiasi proposta che comporti un passo indietro sarebbe accolta come una provocazione dalla Federazione CIMO-FESMED, e rappresenterebbe il definitivo “liberi tutti” per spingere i medici ad abbandonare la sanità pubblica».
«Anche perché – spiega Quici – più della metà dell’incremento economico previsto, ampiamente inferiore al tasso inflattivo registrato nel triennio 2022-2024, viene già percepito dai medici come indennità di vacanza contrattuale. E sulla parte economica abbiamo le mani legate, dovendo sottostare alle regole che riguardano tutta la pubblica amministrazione. Eppure, è evidente come i medici non siano considerati alla stregua degli altri dipendenti della PA che, a differenza dei dipendenti del SSN, il Ministro Zangrillo si impegna a valorizzare professionalmente ed economicamente: medici e professionisti sanitari fanno parte della PA solo quando ci sono contratti da attendere, atti di indirizzo da rinviare, budget da rispettare e percentuali di incremento che non è possibile sforare. A questo punto – conclude il Presidente CIMO-FESMED - tanto vale farli uscire dalla funzione pubblica».
Limitazione responsabilità professionale medici, Quici (CIMO-FESMED):
«Bene approvazione, ma sbagliato parlare di scudo penale»
Roma, 4 settembre 2025 - «Accogliamo con cauta soddisfazione l’approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, del Ddl Delega sulle professioni sanitarie che prevede, tra le altre cose, la limitazione della responsabilità penale alla sola colpa grave – dichiara Guido Quici, Presidente del sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED -. Tuttavia, nel testo che abbiamo visionato è assente la definizione di colpa grave, che sarà qualificata di volta in volta dal giudice. C’è dunque il rischio che, nel concreto, in caso di contenzioso per i medici non cambi nulla: il medico dovrà comunque affrontare un processo e il giudice dovrà stabilire se una certa condotta colposa ha il carattere della gravità, tenendo anche conto della carenza di personale, della limitatezza delle conoscenze scientifiche, della concreta disponibilità di terapie adeguate, delle situazioni di urgenza o emergenza, ecc. Per questo riteniamo fuorviante la definizione di scudo penale: di fatto, non c’è alcuno scudo. La Commissione Nordio, invece, nella sua proposta di riforma della responsabilità professionale, aveva quantomeno tentato di delineare le fattispecie in cui il professionista sanitario è chiamato a rispondere per colpa grave».
«Apprezziamo poi la volontà di prevedere incentivi in favore del personale sanitario e la razionalizzazione delle attività amministrative volte all’ottimizzazione dei tempi di lavoro – aggiunge Quici – ma nutriamo delle perplessità in merito all’intenzione di rivedere l’apparato sanzionatorio disciplinare, che nel rapporto di lavoro dipendente è materia di competenza contrattuale, e alla proposta di introdurre forme di lavoro flessibile per gli specializzandi. Su questi temi ci riserviamo di leggere nel dettaglio i decreti legislativi prima di esprimere un parere più articolato».
Clicca quì per il video con la dichiarazione di Guido Quici
No alla trasformazione degli ospedali in cliniche universitarie
La Regione Lazio ha approvato e sta per rendere operativo un atto aziendale della ASL di Rieti, che fa seguito a una convenzione con l’università La Sapienza di Roma, “per lo svolgimento dell’attività integrata di didattica, ricerca e assistenza”. Questo atto prevede di avviare un percorso di “clinicizzazione” di numerose UOC della ASL di Rieti, da “trasformare a direzione universitaria”, cioè nominando Direttori e anche Dirigenti medici di provenienza universitaria, selezionati in base a criteri esclusivamente accademici, senza le abituali e regolari procedure concorsuali, in almeno 10 reparti (dalla Medicina interna alla Chirurgia generale fino all’Ortopedia, per fare alcuni esempi) dell’Ospedale San Camillo de Lellis.
Si tratta di una iniziativa che non ha alcun valore di razionalizzazione gestionale, ma che è invece criticabile sia sul piano strettamente sindacale, sia su quello scientifico e professionale. È stata approvata per la ASL di Rieti, ma rischia di diventare un vulnus e un grave precedente per tutto il SSN.
In primis, perché si crea una inutile rivalità con la Sanità regionale che secondo questa proposta verrebbe di fatto commissariata dall’Università in una vasta area della Regione.
Ma soprattutto perché quello proposto non è il metodo più appropriato per scegliere i direttori di reparto dei nostri ospedali, che devono essere selezionati in base a procedure rigorose che facciano emergere le migliori professionalità disponibili, a prescindere dalla provenienza dei candidati. L’auspicio è che vengano sempre premiati merito e capacità, e non il solo ruolo accademico.
I nostri ospedali hanno all’interno Direttori e Dirigenti medici che, con grande competenza, professionalità e risultati clinici eccellenti e ben documentabili, garantiscono la continuità delle cure, e che sono anche in grado di offrire ai medici specializzandi e alla rete formativa universitaria percorsi professionalizzanti di elevata qualità, oltre alla necessaria casistica e all’esperienza che nessuna cattedra universitaria può fornire.
In altre parole, sono gli ospedalieri che dovrebbero essere maggiormente e direttamente coinvolti nella formazione del personale sanitario, in una logica moderna, efficace ed efficiente, di Ospedale d’insegnamento, come già accade in alcune realtà nazionali ed in molte all’estero.
La cosiddetta “clinicizzazione” è un inganno. Con questa pratica, interi ospedali vengono consegnati alle Università, che li occupano nominando “ad personam” professori a capo di
reparti e unità operative.
Per contrastare questo progetto, prevediamo ricorsi sul piano sindacale e legale, ma anche iniziative da parte delle Società Scientifiche che sono i garanti della qualità scientifica e professionale dei loro associati, per difendere il ruolo, la dignità, l’esperienza, la storia personale dei medici ospedalieri, ai quali si rischia di togliere o di ridurre diritti acquisiti, il ruolo attuale e anche le aspirazioni di ognuno a una normale, regolare evoluzione professionale e di carriera.
Si tratta in definitiva di difendere autonomia e ruolo del SSN, ma soprattutto la salute dei cittadini e la qualità delle cure.
Siamo convinti che il presidente Francesco Rocca, garante del Servizio Sanitario del Lazio e ottimo conoscitore della Sanità italiana e internazionale, possa riflettere meglio su questo
atto aziendale e sulle nostre affermazioni.
I firmatari di questo documento chiedono alle altre Società scientifiche e Associazioni coinvolte o che condividono le nostre parole, di sottoscriverlo.
Pierino Di Silverio - ANAAO ASSOMED Guido Quici - CIMO-FESMED Vincenzo Bottino - ACOI Francesco Dentali – FADOIQuici (CIMO-FESMED): «Ospedali si preparino ora a stagione impegnativa»
«Occorre organizzare una seria campagna vaccinale che protegga il personale sanitario, gli anziani e i pazienti fragili, prevedere presidi territoriali che prendano in carico i casi meno gravi e organizzare in modo adeguato gli ospedali»
Roma, 28 agosto 2025 - Prepariamoci ad un autunno complicato: la prossima stagione influenzale, secondo quanto osservato in Australia, sarà una delle peggiori degli ultimi anni. A luglio infatti nell’Australia meridionale è stato raggiunto il maggior numero di casi settimanali di influenza da 6 anni a questa parte, le infezioni sono aumentate del 70% rispetto allo scorso anno, i ricoveri cresciuti del 50% in due settimane e si è registrato il peggior aumento di ore di servizio delle ambulanze (5.866) mai registrato.
«Lo diciamo con ampio anticipo: è questo il momento giusto per prepararsi all’ondata influenzale ed evitare che il Servizio sanitario nazionale si paralizzi – dichiara Guido Quici, Presidente del sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED -. Dobbiamo evitare l’affollamento dei Pronto soccorso, il blocco delle ambulanze in attesa che le barelle si liberino, il peggioramento della carenza di personale sanitario a causa delle assenze per malattia di medici e professionisti sanitari colpiti dal virus, e il solito scetticismo vaccinale che spinge i più fragili a non proteggersi per tempo».
«Occorre dunque organizzare una seria e convincente campagna vaccinale che protegga il personale sanitario e chi è esposto alle conseguenze gravi dell’influenza, come i pazienti anziani e fragili; prevedere presidi territoriali che prendano in carico i casi meno gravi, che non necessitano del ricovero ospedaliero; intervenire sugli ospedali colmando le carenze di personale, prevedendo percorsi dedicati durante la fase del picco stagionale e organizzando i reparti in modo da impedire la circolazione del virus. Intervenire quando il caos è già scoppiato è inutile. Bisogna agire ora».
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