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IN EVIDENZA
occorrono 37mila posti letto in più e assunzioni straordinarie
Il sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED: «Invertire il processo avviato negli ultimi anni con tagli lineari che hanno ridotto l’offerta sanitaria»
Roma, 20 marzo 2023 – Negli ospedali italiani servono 37mila posti letto in più, passando dunque dagli attuali 235mila a 272mila e portando il numero di letti ogni 100mila abitanti da 3,9 a 4,5, rimanendo comunque distante dalla media europea, pari a 5,3 posti letto ogni 100mila abitanti. Un aumento dunque necessario a recuperare i 37mila posti letto tagliati negli ultimi 10 anni che hanno ridotto notevolmente l’offerta sanitaria, facendo allungare le liste d’attesa e costringendo chi può a rivolgersi alla sanità privata. Al contempo, com’è ovvio, andrebbe rafforzato anche il personale sanitario, oggi invece ridotto all’osso dal blocco del turnover, dal tetto alla spesa sul personale e dalla fuga di professionisti dalla sanità pubblica.
Secondo il sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED (a cui aderiscono le sigle ANPO, ASCOTI, CIMO, CIMOP e FESMED) occorrerebbe dunque invertire il processo avviato dal DM 70/2015, che ha portato a tagliare in modo lineare ospedali e posti letto senza rafforzare al contempo l’assistenza territoriale.
«I pazienti che vanno in Pronto soccorso devono aspettare giorni in barella, in condizioni spesso indegne, perché nei reparti non ci sono posti letto sufficienti per ricoverarli – dichiara Guido Quici, Presidente CIMO-FESMED -. Per un intervento chirurgico bisogna attendere anni perché le capacità delle strutture sono eccessivamente limitate. A tutto questo ovviamente si aggiunge la carenza di personale, altra criticità che va affrontata con un piano straordinario di assunzioni e di incentivi per i dipendenti del Servizio sanitario nazionale in modo da rendere nuovamente attrattiva la sanità pubblica e frenare la fuga verso il privato».
«È vero che una parte dei bisogni di salute dei cittadini sarà assorbita dalle case e dagli ospedali di comunità finanziate dai fondi del PNRR – aggiunge Quici -; ma occorreranno anni per renderli funzionanti, se mai lo saranno davvero, mentre l’emergenza ospedaliera è oggi, e va affrontata rapidamente. D’altro canto anche l’Ufficio parlamentare di bilancio recentemente ha confermato di nutrire gli stessi dubbi che CIMO-FESMED evidenzia da tempo in merito alla valutazione delle risorse correnti necessarie a rendere operative sia le nuove strutture di assistenza sanitaria territoriale che l’adeguamento del personale».
«Da tempo chiediamo una riforma del DM 70/2015, che ha mostrato tutti i suoi limiti, da attuare in parallelo con la riforma dell’assistenza sanitaria territoriale. Da anni invece su questi temi non c’è alcun confronto con i sindacati. Domani incontreremo nuovamente il Ministro della Salute Orazio Schillaci e, ancora una volta, gli chiederemo di avviare una riforma complessiva del Servizio sanitario nazionale coinvolgendo anche i rappresentanti dei lavoratori», conclude il Presidente della Federazione CIMO-FESMED.
bene il riordino, ma non sia a danno di chi le tasse le paga
Roma, 14 marzo 2023. CIDA, la rappresentanza sindacale per la dirigenza e le alte professionalità di tutti i settori socio produttivi, pubblici e privati, è stata convocata oggi a Palazzo Chigi per un confronto sul tema della riforma fiscale. In rappresentanza di CIDA presenti il Vicepresidente Guido Quici e il Direttore Teresa Lavanga.
“Apprezziamo la volontà del Governo di introdurre strumenti di semplificazione e di voler di stimolare la crescita economica attraverso la riduzione del carico fiscale, di prevenire l’elusione e l’evasione, di razionalizzare il sistema tributario” ha dichiarato Guido Quici, Vicepresidente CIDA. “Ci preoccupa tuttavia, il concetto di saldo zero, perché qualcuno dovrà pagare per raggiungerlo e non vorremmo che fossero sempre i soliti a dover sostenere i conti pubblici” prosegue Quici. “Ricordiamo, infatti, che quasi la metà degli italiani (49,15%) non dichiara redditi e che sono solo i contribuenti con redditi da 35 mila euro in su (12,99%) a versare quasi il 60% dell’Irpef. Non è credibile che oltre la metà degli italiani viva con meno di 10 mila euro lordi dall’anno”.
Nel corso dell’incontro Quici ha sottolineato: “Non si possono assolutamente toccare i principi esposti nei CCNL che prevedono deduzioni e detrazioni legati alla previdenza complementare, alla sanità integrativa, al welfare aziendale che, anzi, vanno migliorate. Questi strumenti, i cui limiti di deducibilità sono fermi da oltre 20 anni, contribuiscono alla sostenibilità dei rispettivi sistemi pubblici. Abbiamo almeno 24 mesi di tempo perché la riforma diventi effettiva con l’adozione dei decreti delegati e considerato che CIDA rappresenta i contribuenti che da anni si fanno carico della maggior parte del carico fiscale del Paese, riteniamo necessario essere coinvolti attivamente in questo percorso di cambiamento e in tutte le fasi della riforma. Ribadiamo la nostra disponibilità a fornire tutto il supporto necessario affinchè si giunga a una legge fiscale realmente nuova”.
CIDA è la Confederazione sindacale che rappresenta unitariamente a livello istituzionale dirigenti, quadri e alte professionalità del pubblico e del privato. Le Federazioni aderenti a CIDA sono: Federmanager (industria), Manageritalia (commercio e terziario), FP-CIDA (funzione pubblica), CIMO-FESMED (medici del SSN), Sindirettivo (dirigenza Banca d’Italia), FENDA (agricoltura e ambiente), Federazione 3° Settore CIDA (sanità religiosa), FIDIA (assicurazioni), SAUR (Università e ricerca), Sindirettivo Consob CIDA (dirigenza Consob)
La Cassazione riconosce il diritto al risarcimento del danno
Quici (CIMO-FESMED): «Sono numerose le Aziende che non hanno ancora concluso la procedura che conduce alla graduazione delle funzioni e al riconoscimento della relativa retribuzione di posizione variabile. Non vorremmo dover portarle in massa in tribunale»
Roma, 14 marzo 2023 - Il medico a cui non sia stata riconosciuta l’indennità di posizione variabile per la funzione svolta ha diritto al risarcimento del danno per perdita di chance. A rimarcarlo in una importanza sentenza è la quarta sezione civile della Corte di Cassazione.
“In tema di dirigenza medica del settore sanitario pubblico – si legge nella sentenza -, la P.A. è tenuta a dare inizio e a completare, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, il procedimento per l’adozione del provvedimento di graduazione delle funzioni dirigenziali e di pesatura degli incarichi […]; il mancato rispetto dei termini interni […] e le eventuali problematiche concernenti il fondo espressamente dedicato […] alla quantificazione della menzionata quota variabile non fanno venire meno di per sé l’obbligo gravante sulla P.A. di attivare e concludere la procedura diretta all’adozione di tale provvedimento”. La violazione di tale procedura, prosegue la Cassazione, “legittima il dirigente medico interessato a chiedere non l’adempimento di tale obbligazione, ma solo il risarcimento del danno per perdita della chance di percepire la parte variabile della retribuzione di posizione”.
«Sono numerosissime le Aziende che, in tutta Italia, non hanno ancora avviato la contrattazione collettiva integrativa, relativa al contratto nazionale adottato nel 2019, necessaria a determinare la graduazione delle funzioni e quindi la relativa retribuzione di posizione variabile – commenta Guido Quici, Presidente della Federazione CIMO-FESMED (cui aderiscono le sigle ANPO, ASCOTI, CIMO, CIMOP e FESMED) -. Si tratta, come precisato dalla Cassazione, di Aziende inadempienti, che non vorremmo dover portare in massa in tribunale per chiedere il risarcimento del danno subito dai nostri iscritti».
«L’affidamento degli incarichi, con il relativo riconoscimento economico, oltre ad essere un obbligo per le Aziende è uno degli strumenti più semplici e diretti per incentivare i dipendenti a rimanere all’interno del Servizio sanitario nazionale. Chiediamo solo che sia rispettato», conclude Quici.
Ieri il Presidente della Federazione CIMO-FESMED Guido Quici è stato consultato dal Gruppo di lavoro per l’accesso sostenibile alle professioni sanitarie istituito presso il Ministero dell’Università e della Ricerca. È stato presentato un documento da cui emerge la posizione della Federazione, secondo cui il mantenimento dell’accesso programmato è essenziale per garantire la qualità della formazione dei futuri medici e per evitare nuovi imbuti formativi e lavorativi.
- È impensabile immaginare di eliminare il numero chiuso, formando circa 65mila studenti, considerando che il corso di laurea in Medicina prevede necessariamente anche una formazione pratica sul campo.
- Riteniamo rischiosa la proposta di consentire a tutti i candidati di iscriversi al primo anno introducendo uno sbarramento all’inizio del secondo anno, perché si farebbe perdere un anno di tempo a circa 50mila studenti.
- Qualsiasi aumento dei posti nelle Facoltà di Medicina deve essere accompagnato dall’adeguamento dei contratti nelle scuole di specializzazione e nei corsi di formazione per medici di medicina generale, tenendo presente l’evoluzione dello scenario della sanità futura nell’ottica delle riforme imminenti e del nuovo documento Agenas sul fabbisogno di personale medico, che prevede una riduzione, del tutto arbitraria, del numero di professionisti nelle strutture sanitarie ed ospedaliere del Paese.
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