Covid, ecco il libro ‘Giuro di non dimenticare’. Quici (Cimo): “Sia da monito”

EMERGENZA CORONAVIRUS, I VOLTI DELLA TERAPIA INTENSIVA DEL POLICLINICO MILITARE CELIO

28 medici di tutta Italia si sono raccontati in modo semplice e spontaneo, mostrando le proprie paure e le proprie ansie, i propri momenti di gioia e quelli di sconforto

 

 

 
ROMA – E’ stato presentato a Roma, nella sala ‘Caduti di Nassirya’ del Senato, il libro ‘Giuro di non dimenticare. Storie di medici ai tempi del Covid’. Realizzato dal sindacato Cimo, il volume raccoglie 28 storie che rappresentano il mondo del personale sanitario che ha lavorato in prima linea nei reparti Covid degli ospedali di tutta Italia durante la pandemia da Coronavirus.

Dallo specializzando al medico di lungo corso, dallo specialista al gastroenterologo, dall’internista ai geriatri fino ai rianimatori, dai radiologi ai chirurghi, da quanti si occupano della salute dei disabili, i più fragili tra i fragili, fino ai dottori impegnati in medicina d’urgenza e in quella trasfusionale, in servizio durante i turni di giorno e nelle notti di guardia: 28 medici di tutta Italia si sono raccontati in modo semplice e spontaneo, mostrando le proprie paure e le proprie ansie, i propri momenti di gioia e quelli di sconforto.

“Il libro ha un titolo importante- ha affermato il professor Guido Quici, presidente Cimo– perchè ‘Giuro di non dimenticare’ prende spunto dal giuramento di Ippocrate, quindi dalla responsabilità deontologica dei medici, ma rappresenta anche un monito a non dimenticare quanto accaduto e quanto sta succedendo“.

Quici ha aggiunto che “con questo testo abbiamo voluto lanciare un segnale forte: evitare che, passata la pandemia, si cada nel dimenticatoio. Vogliamo lasciare vive quelle emozioni e quelle esperienze professionali che possono essere utili a migliorare il nostro Servizio sanitario nazionale e a fungere da testimone per le future generazioni di medici”.

 

Intervista alla senatrice Danila De Lucia

 

La senatrice del Movimento 5 Stelle, Danila De Lucia, promotrice della conferenza, ha informato che “nel libro trovano spazio le emozioni vissute dai sanitari di tutta Italia, da quelli della Valle d’Aosta fino a quelli della Calabria. Tutti raccontano esattamente cosa abbiano provato di fronte a questo nemico e come il mondo della sanità sia stato costretto non a rimboccarsi le maniche ma a coprirsi il volto per poterlo combattere. Dopo un anno e mezzo siamo ancora qui ma, per fortuna, possiamo fare affidamento sul vaccino, l’unica vera forma per affrontare il Covid”.

“In questo libro ho letto l’emotività, l’istinto, la voglia di raccontarsi. Credo che gran parte dei medici che hanno collaborato al testo e che hanno scritto questo lavoro ci sia stato anche una sorta di sfogo, un modo per dissacrare quello che in effetti era loro accaduto, nel momento in cui si sono trovati davanti questo mostro che è il Covid, con cui dovremmo imparare a convivere”, aggiunge De Lucia.

Nel libro, dunque, ampio spazio anche all’aspetto deontologico: lo si percepisce dai toni pacati degli autori, dalla solidarietà tra colleghi, dall’ironia e, soprattutto, dall’assoluta mancanza di atti accusatori all’insegna della polemica. Quici ha sottolineato infatti che “non si tratta di un libro di denuncia, perchè sarebbe stato fin troppo semplice, ma di racconti scritti con il cuore, liberi da qualsiasi forma di condizionamento esterno”. Racconti di un vissuto fatto di emozioni, paure, insicurezze ma anche di humor e intenzione di affrontare le cose in modo professionale. Su tutti, il rifiuto da parte dei medici di essere considerati eroi, perché fragili, con le proprie paure, i propri dubbi e, soprattutto, vulnerabili.

Nelle circa 150 pagine del volume scorrono le tante difficoltà affrontate dai protagonisti, che con il loro lavoro quotidiano dimostrano ancora una volta come la parola ‘resilienza’ appartenga al Dna dei medici e del personale sanitario italiano, “il primo nel mondo occidentale- ha ricordato con orgoglio la senatrice del Movimento 5 Stelle, Mariolina Castellone- a dover affrontare una gravissima emergenza sanitaria, nella quale ha ricorso ai possibili rimedi di medicina di guerra, combattendo in trincea per salvare vite e spesso perdendo la loro”. Castellone ha precisato che “questa è la motivazione che ha candidato il nostro personale sanitario al Premio Nobel per la Pace nel 2021, riferito all’emergenza 2020. Una scelta simile non era mai accaduta nel corso della storia e ciò fa ben capire il grande lavoro svolto da tutto il nostro comparto sanitario”.

Parlando di storie di medici il riferimento va al giuramento di Ippocrate che traspira nei racconti di quanti, attraverso le proprie azioni, il proprio modo di affrontare quei problemi, hanno cambiato la vita personale e professionale di ogni medico. ‘Giuro di non dimenticare’ significa anche ricordare quelle esperienze di lavoro fatte di paure, sacrifici, emozioni, notti insonni, sguardi smarriti che hanno visto medico e pazienti combattere, da soli, il virus in situazioni sia cliniche che organizzative spesso drammatiche. Il Covid ha rinsaldato il legame, da troppo tempo sopito, tra medico e paziente. Un legame che il Censis ha saputo ben rappresentare con un recente rapporto dal quale emerge che l’87% degli italiani ha fiducia nelle competenze e nella professionalità dei medici ospedalieri e il 91,3% dei pazienti ritiene prioritario rinsaldare il rapporto diretto con il medico.

Nel testo si raccontano molti episodi, uno diverso dall’altro, che testimoniano la solidarietà del medico verso il paziente, ma con un sentimento sempre condiviso: la solitudine, che, di fatto, ha dunque cementato il rapporto tra medico e paziente. Quici ha spiegato infatti che “il primo si è trovato ad affrontare una malattia ancora poco conosciuta, anche con le paure da un punto di vista professionale e personale, mentre il secondo, privo del conforto dei suoi familiari, è stato da solo con la paura di morire”.

Scorrendo le pagine del volume, ecco la storia, drammatica, di un chirurgo campano diabetico che si offre volontario per aiutare i colleghi dei reparti Covid e poi si ammala nello stesso reparto. Oppure il racconto dell’anestesista della Valle d’Aosta che, tornata in Sicilia per le vacanze estive, non riesce nemmeno ad abbracciare la mamma per la grande paura di contagiarla dopo aver visto morire in terapia intensiva molti pazienti dell’età di sua madre. Tenero il racconto di un sanitario umbro, madre di una bambina molto piccola, che lascia a casa la sua bimba con la sorella maggiore separandosi da lei per due mesi durante la prima ondata del Covid per non metterla in pericolo, convinta che la figlia da grande capirà che non si è trattato di un abbandono ma che la madre ha risposto al giuramento prestato all’inizio della propria carriera. Da Catania, poi, una storia tutta all’insegna della resilienza: un medico viene convocato perchè il suo ospedale viene trasformato in ospedale Covid e lui deve necessariamente riorganizzare altrove il proprio reparto di odontoiatria riabilitativa per pazienti disabili. Armato di penna e foglio A4, insieme all’ingegnere organizza il tutto in sole 24 ore, continua ad assicurare le cure e riesce a realizzare oltre 1.400 interventi senza alcun caso di Covid.

In sintesi, dal libro ‘Giuro di non dimenticare. Storie di medici ai tempi del Covid’ emerge uno spaccato fatto di cose concrete e narrato da chi è davvero stato ‘sul campo’. “I racconti- ha dichiarato infine Cristina Cenci, responsabile Cimo Lab- sono stati scritti di getto, in maniera del tutto spontanea, da 28 colleghi su circa 50 in tutta Italia, che hanno sentito la necessità di raccontarsi e che hanno trovato anche il tempo di farlo in un momento davvero concitato, dove proprio il tempo a disposizione non era moltissimo. Qualcuno, invece, ci ha detto che non si sentiva di scrivere la propria storia, perchè questo avrebbe comportato tornare con la mente ai ricordi dolorosi che in quel momento non aveva la forza di affrontare”, conclude. Il ricavato dalla vendita del volume verrà devoluto alla Fondazione Onaosi per opere di assistenza dedicate agli orfani di medici deceduti per Covid-19.

 

Intervista alla senatrice Castellone 

 

CASTELLONE (M5S): RICORDARE CIÒ CHE ABBIAMO VISSUTO

Considero il titolo di questo libro un’aggiunta al giuramento di Ippocrate. Ora aggiungiamo un’altra riga, quella della memoria, di ciò che abbiamo vissuto, di quello che non deve essere dimenticato”. Lo afferma la Senatrice del Movimento 5 Stelle, Mariolina Castellone, in occasione della presentazione del libro ‘Giuro di non dimenticare. Storie di medici ai tempi del Covid’.

Castellone racconta che “per me la lettura di questo libro non è stata semplice. Ho ripercorso questo anno e mezzo da medico, ho vissuto nuovamente il momento in cui, a inizio pandemia, era il 19 marzo 2020, a Napoli è stata ricoverata in terapia intensiva la mia collega, compagna di studi per 20 anni e, dopo due settimane, nonostante lo sforzo sovrumano dei medici, non ce l’ha fatta, lasciando dentro di me un vuoto immenso. Da allora, questa battaglia che combatto è anche per lei”.

L’esponente del M5S tiene a sottolineare che “abbiamo organizzato questo incontro dopo tanti mesi. Non è un caso che oggi, mentre noi qui ribadiamo l’impegno incessante dei medici, il loro sacrificio estremo fino a donare la propria vita per difendere quella degli altri, in un’altra sala del Senato si discuta di terapie inadeguate o di ventilazione che, forse, non andava fatta. E allora, ripercorrere attraverso le storie dei medici quello che effettivamente succedeva nei reparti, per me è stato in qualche modo illuminante“.

La Senatrice Castellone spiega poi che “leggendo il volume mi è rimasta impressa un’immagine, che si ripete in quasi tutti i racconti: in quei giorni i medici si sentivano come ‘sott’acqua’, in un ambiente ovattato, con lo scafandro, con la visiera, mentre i pazienti erano intubati e non potevano comunicare. Il tutto avvolto in un profondo silenzio. Quest’immagine mi è servita per provare quello che avete provato voi”.

La Senatrice M5S informa che si tratta di “un libro non solo di racconto ma anche di denuncia e di sofferenza e di senso di abbandono provato dai medici nei confronti delle Istituzioni” e si dice pronta ad impegnarsi “affinchè non ci siano più tagli in sanità e perchè si torni finalmente ad assumere personale. C’è bisogno di specialisti, di infermieri, di operatori socio-sanitari. Credo che ai medici sia stato chiesto un sacrificio disumano e pretendo che le Istituzioni lo riconoscano con azioni e gesti concreti. Ritengo si tratti di un valore morale, etico e civile”, conclude.

 

Intervista alla dott.ssa Cristina Cenci 

 

CENCI (CIMO LAB): NON SIAMO EROI, ABBIAMO DOVUTO MENTIRE

Noi ‘non siamo eroi’, anche se ce l’avete attribuito. Anzi, a volte abbiamo dovuto imparare a dire bugie ai nostri pazienti e per un medico questo è estremamente difficile perchè c’è un vincolo di onestà e di correttezza ma le bugie, in alcuni casi, sono state necessarie per rendere la pillola meno amara”. Lo ha affermato la responsabile di CimoLabCristina Cenci, in occasione della presentazione del libro ‘Giuro di non dimenticare. Storie di medici ai tempi del Covid’.

Cenci ha spiegato poi che “nella seconda parte del libro emerge quello che noi medici siamo, vengono messi a nudo i nostri pensieri, le nostre emozioni e questo, per un medico, non è mai facile perchè dalla laurea in poi impariamo necessariamente a schermarci, a mettere quelle emozioni nel cassetto, a non tirarle fuori, sia con i pazienti sia con i nostri familiari. Lo facciamo per tutelare noi stessi e per non portare quei drammi che viviamo all’interno della nostra casa”.

Cenci ha raccontato però che “il Covid ha sconvolto completamente tutto il nostro modo di agire e le emozioni sono venute fuori, in maniera prorompente, in maniera che nemmeno noi potessimo immaginare, tanto che io, e lo stesso hanno fatto altri miei colleghi, nella seconda ondata del Covid, indossando tutte le protezioni possibili abbiamo dimenticato la paura e abbiamo abbracciato i nostri pazienti“.

La responsabile di Cimo Lab ha aggiunto che “è venuta fuori tutta la nostra resilienza, quella capacità di resistere nonostante tutto, nonostante le difficoltà organizzative, nonostante la mancanza di presidi, nonostante i tagli costanti alla sanità negli ultimi 10 anni per esigenze di finanza pubblica”. Cenci ha lanciato infine un chiaro messaggio: “Ancora oggi nel 2021 i medici amano il lavoro che hanno scelto, amano la loro professione, amano quel giuramento che hanno fatto a inizio carriera”.


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