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Fase 3. Cimo-Fesmed: “Mes o non Mes il Ssn si salva solo con una strategia nazionale”

Per il sindacato “il dibattito sui fondi per la sanità deve partire da un piano che metta al primo posto riforma del lavoro e professionalità” e rimarca: “No a finanziamenti a pioggia spesso avulsi dal sistema e utili solo ai fini propagandistici”.

13 GIU – “Ultima chiamata per recuperare il nostro servizio sanitario” per CIMO-FESMED il “vero problema non è il ricorso o meno al MES, quanto la necessità urgente, discriminante e univoca di affrontare la situazione con una strategia nazionale ben delineata, in cui partire dalla riorganizzazione del lavoro e delle strutture, non da finanziamenti a pioggia spesso avulsi dal sistema e utili solo ai fini propagandistici. La federazione dei medici ospedalieri ha da sempre stigmatizzato l’inadeguatezza del finanziamento del SSN ma, oggi, è fortemente preoccupata che l’utilizzo delle future risorse non siano funzionali ad un sistema che necessita di profondi cambiamenti e che il possibile ricorso al MES si trasformi nel solito “assalto alla diligenza” con sperpero disordinato di fondi pubblici”.

“Di cattedrali nel deserto siamo fin troppo pieni – commenta il Presidente Guido Quici – ed è questo il motivo per il quale il ricorso al MES preoccupa non poco perché, alla lunga, potrebbe rilevarsi strumento utile a pochi ma non certo ai cittadini e ai professionisti. Per valutare il rischio, basta osservare come politica e Istituzioni, ben consapevoli dei tagli lineari di questi anni e della fragilità del nostro SSN, hanno affrontato questa emergenza sanitaria con interventi non coordinati, affidandosi spesso alle indicazioni dei numerosi virologi, quelli autonomi e quelli di partito, quelli improvvisati e quelli dell’ultima ora. Abbiamo visto il blocco delle attività ordinarie, la trasformazione di settori o padiglioni ospedalieri in aree Covid e, poi, ingenti risorse per allestire, in fretta e furia, posti letto di terapie intensive: 25 mln per la struttura nella Fiera di Milano, 12 mln a Civitanova nelle Marche, 8 mln all’Ospedale del Mare, 13 mln per il Centro Nazionale di Terapia Intensiva di Modena. Ma non ha alcun senso prevedere una “esplosione” delle terapie intensive senza avere medici, o un manipolo di infermieri di quartiere senza “quartiere””.

CIMO-FESMED richiama dunque Governo, Ministro della Salute e Governatori delle Regioni ad “avere prima un’idea di quale sarà la sanità del futuro, intesa come serio impegno nella prevenzione e nella tutela della salute dei lavoratori, valorizzando la sanità del territorio finanziando i LEA, il Piano delle cronicità ed implementando un servizio sanitario proattivo e non di attesa; modernizzando le strutture ospedaliere a partire dall’edilizia, fino alle tecnologie proiettate verso l’intelligenza artificiale, rivedendo la governance dei processi a partire dal ruolo dei professionisti”.

La Federazione ritiene che “MES o non MES il finanziamento del SSN non possa prescindere da due condizioni: un’organizzazione sanitaria con meno autonomia differenziata e più sostenibilità, per seguire le reali esigenze del cittadino di pari accessibilità alle cure, e una vera riforma del lavoro”.

“Una vera riforma della sanità italiana – sottolinea Quici – deve passare inevitabilmente attraverso una riforma del lavoro e, al pari di Ivan Cavicchi, ritengo che negli ultimi 40 anni la professione medica è stata prigioniera della burocrazia e della medicina amministrata, mentre la perdita del diritto ad una propria autonomia e specificità ha portato ad un livellamento tra i ruoli con inevitabili conflitti di competenze consentendo alla politica di turno di cavalcare l’una o l’altra professione a seconda delle convenienze. La pandemia ha poi definitivamente messo a nudo i pregi e i difetti del nostro servizio sanitario e gli interventi adottati dal Governo e dalle regioni hanno dimostrato i limiti di un’autonomia fin troppo differenziata, scomposta nell’utilizzo delle risorse. Tanto da meritare il richiamo dello stesso Presidente Mattarella a “evitare che conflitti e sovrapposizioni tra istituzioni possano creare inefficienze paralizzanti o aprire pericolose fratture nella società”.

Per non perdere “l’ultima occasione” di riforma del nostro SSN, CIMO-FESMED ritiene “urgente uscire dalle gabbie della burocrazia, lavorare affinché i contratti di lavoro diano non solo valore retributivo ma anche professionale, nell’ottica di una vera autonomia e specificità dei ruoli, e prevedere una nuova governance nella rappresentanza e rappresentatività, che veda assegnati al Ministero della Salute e alle Regioni un ruolo di assoluta centralità nella definizione dei futuri contratti di lavoro sia per la sanità pubblica che convenzionata”.

13 giugno 2020
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