Contratto, Quici (CIMO-Fesmed): «Firmiamo e poi disdiciamo». E sulle risorse alla sanità: «2 miliardi insufficienti, serve shock»

È tempo di bilanci, per il presidente della Federazione CIMO-Fesmed Guido Quici. Ma anche di legge di Bilancio e di Patto per la Salute. Si avvicina infatti la conclusione di «un anno molto faticoso, che ci ha visti per i primi sei mesi impegnati quasi esclusivamente sul contratto di lavoro», dichiara. Un contratto per il quale, a luglio scorso, è stato raggiunto un pre-accordo ma che non ha visto CIMO-Fesmed tra i sindacati firmatari.

 

 

«Al di là dell’aspetto economico – ribadisce Quici – siamo amareggiati per la parte normativa. Purtroppo – annuncia – ora siamo costretti a firmare perché altrimenti non potremo sederci ad alcuni tavoli, come quello del confronto regionale che definisce le linee guida dei contratti aziendali o, a livello aziendale, l’organismo paritetico che presenta al direttore generale proposte relative, ad esempio, alla possibilità di prevedere le pronte disponibilità anche la mattina o il pomeriggio. Dovremo fare battaglia su questo, e non è detto, laddove ci fossero elementi non convincenti, che firmeremo i contratti decentrati. Dopodiché è già pronta la dichiarazione a verbale da consegnare in Aran e, ovviamente, il giorno dopo manderemo la disdetta del contratto. Inoltre chiederemo immediatamente la vacanza contrattuale dal 2019».

 

I dubbi del presidente Quici riguardano anche le risorse: «Le nostre proiezioni evidenziano che i 2 miliardi di euro stanziati non sono sufficienti. Ne servono almeno 3,5 per far fronte alle assunzioni del personale, al rinnovo contrattuale, all’abolizione del superticket, eccetera. Quindi le Regioni dovranno ulteriormente stringere le maglie perché non riusciranno a garantire il tutto. Il rischio che si vada ad erodere sul costo del personale c’è. Ed il motivo è sempre lo stesso – prosegue Quici -. C’è un calderone unico che comprende il costo della siringa, del farmaco innovativo, dei Lea e del personale. È ovvio, allora, che a fronte di esigenze importanti a livello assistenziale, in assenza di risorse vengano drenati dal costo del personale e quindi i rinnovi contrattuali andranno per le lunghe».

 

«Ha ragione chi dice che ci vuole uno shock economico se si vuole affrontare il problema della sanità. O si investono risorse importanti, oppure parliamo solo di misure tampone».

Il giudizio di Quici non è particolarmente positivo nemmeno sull’ultima bozza del Patto per la Salute: «È un Patto che ha subìto una grossa cura dimagrante. Non si parla di ospedalità né di emergenza, e quel poco che riguarda la prevenzione viene finalizzato solo sulle vaccinazioni. Quindi non sono molto ottimista sul futuro».

 

Un futuro che Quici immagina, comunque, con «l’aggregazione di più forze sindacali possibili per dare più peso e quindi maggiori tutele ai medici». Va in questa direzione la nascita della Federazione CIMO-Fesmed, «che evolverà in un’organizzazione sindacale unica», e del Patto per la Professione medica, cui hanno aderito anche Anpo, Ascoti, Fials Medici e Cimop: «Ci auguriamo di dar vita ad un’aggregazione che rappresenterà 19mila medici e cercheremo di lavorare per chiedere di uscire da Funzione pubblica e trattare per il contratto con il ministero della Salute e le Regioni, che effettivamente determinano l’organizzazione generale e delle singole realtà».


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