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Carenza medici specialisti, Sindacati: da Regioni proposte inadeguate

Il dissenso di Fp Cgil e Cimo Femed sui 16 punti elaborati dalla Conferenza delle Regioni e condivisi con il Ministero della Salute per far fronte al problema carenza medici specialisti
Le proposte delle Regioni sulla carenza medici specialisti sono inadeguate. La pensano così gran parte dei sindacati di categoria. Al coro di disapprovazione del documento presentato dalle Regioni al Ministero della Salute si sono aggiunte, nelle ultime ore, anche le sigle FP Cgil e Cimo.

Per Andrea Filippi, Segretario Nazionale della Fp Cgil medici, si tratta di soluzioni “che frammentano i servizi sanitari più di quanto non lo siano già”.
“Sono due – spiega il rappresentante sindacale – gli orientamenti che si stanno sviluppando per risolvere il problema della carenza dei medici: uno che va nella direzione di introdurre nuove forme contrattuali nel Servizio Sanitario Nazionale declassando di fatto il contratto collettivo nazionale, l’altro che invece interviene attraverso una radicale riforma del sistema formativo”.

Le proposte delle Regioni, invece, secondo Filippi, seguono tutte le direttrici possibili per tappare i buchi al minor costo e a danno di cittadini ed operatori. “Si introducono contratti libero professionali per i non specialisti, canali formativi paralleli e addirittura deroghe all’orario di lavoro per i professionisti. Con un colpo solo si declassa il contratto e la formazione, un vero pastrocchio”.

“Siamo attoniti – conclude Filippi -, non capiamo perché non si voglia seriamente mettere mano al sistema allargando la rete formativa e attraverso l’introduzione di contratti formazione lavoro per gli specializzandi. Intervenga il ministro Speranza”.

Cimo Fesmed parla di invece di “un furbo tentativo” delle Regioni “di correre ai ripari su un’emergenza che loro stesse hanno causato e di minare ulteriormente il terreno con azioni che segnerebbero il completo declino delle strutture pubbliche e l’ulteriore fuga dei medici”.
“A fianco di proposte di buon senso che potremmo anche condividere – sottolinea il presidente della Federazione, Guido Quici – troviamo misure inammissibili come la deroga all’orario di lavoro (cui il nuovo contratto ha purtroppo già aperto la strada), l’assunzione di neolaureati con approssimativi e difformi percorsi di formazione che non garantiscono competenze adeguate e l’assunzione “a chiamata” di liberi professionisti”.

“Tutto ciò – prosegue – fa parte di un disegno di progressivo abbassamento della qualità del servizio nel SSN e di task shifting delle competenze del medico ad altre professioni sanitarie”.

Per il Cimo, dopo 10 anni di risparmi delle Regioni accumulati proprio sui sacrifici economici e personali dei medici, “ecco che la ‘bacchetta magica’ è un piano che nasconde, insieme ad alcune proposte di buon senso che potevano essere attuate da tempo, altre che, sostanzialmente per abbassare i costi, riducono servizi e qualità delle prestazioni mettendo a rischio i pazienti e la sicurezza delle cure”.

“Non si è voluto, come più volte richiesto, attivare il cosiddetto ospedale di insegnamento; non si è voluto ascoltare quanto le Organizzazioni Sindacali hanno più volte denunciato, non si è voluto compensare la crescente e grave emorragia legata all’esodo dalle strutture pubbliche ed ora che è tardi e che si tenta di intervenire – sottolinea il presidente Cimo Fesmed – le proposte che vediamo da parte delle Regioni sono il classico intreccio di rimedi emergenziali e furbizie finalizzate a far passare il criterio di abbassamento dei livelli di competenza e il trasferimento di mansioni a personale meno specializzato, a costi più bassi”.

CIMO-FESMED chiede dunque al Ministro della Salute Speranza di aprire un confronto con le parti sociali e le principali associazioni di categoria, al fine di affrontare i temi dell’emergenza di personale e dare una corretta prospettiva alle future strategie della sanità nel Paese.


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