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Cassi risponde alle sollecitazioni di Ivan Cavicchi

Caro Ivan,

ho letto con molto interesse i tuoi interventi sul comma 566 e, più in generale, sui rapporti tra i medici e gli infermieri  che hanno assunto livelli di scontro che non avrei immaginato ed improduttivi per tentare quella sintesi necessaria. Non è pensabile che professionisti che, come giustamente ricordi, lavorano allo stesso obiettivo, la salute dei cittadini, negli ospedali e sul territorio, combattano una guerra sulle competenza, però limitare a questo il problema è riduttivo.

Si tratta infatti dell’epifenomeno di una crisi più profonda che agita le due professioni e che per essere risolta richiederebbe interventi globali di sistema che la politica non sembra in grado di affrontare, anche perché divisa tra Ministeri e Regioni, con un Governo che non ritiene di doverla mettere all’ordine del giorno, ma che vede diviso anche il mondo medico dove molti preferiscono cercare di sopravvivere in un sistema rivelatosi fallimentare e demotivante, piuttosto che affrontare cambiamenti rischiando di mettere in gioco meccanismi che, in fondo in fondo, garantiscono un galleggiamento sperando di arrivare indenni alla pensione. Meraviglia che il cambiamento non venga sostenuto da chi vuole rappresentare le nuove generazioni, che sono e saranno le più penalizzate dal mantenimento dello status quo, e questo sinceramente non è un buon segnale per la professione.

Scusa quella che può sembrare una digressione dal tema, ma io ritengo che occorra resettare tutto, aprire un confronto che coinvolga tutti i professionisti interessati e ripartire da nuove basi a costruire un modello, organizzativo e giuridico condiviso, che sia in grado di superare gli attuali contrasti, ma soprattutto consenta di superare la crisi del SSN che rischia di esplodere drammaticamente con l’uscita dal sistema per motivi anagrafici della generazione che ha contribuito a farlo crescere.

Siamo però all’ultima spiaggia, si è persa con la fuga in avanti del comma 566 l’occasione di ridisegnare i rapporti coinvolgendo le parti nell’art. 22 del patto che si è invece impantanato nella questione dell’accesso con l’Università arroccata in posizione di difesa di privilegi, incurante del danno che crea al SSN. Da una parte i medici non possono accettare di essere stati marginalizzati e di continuare ad esserlo, dall’altra parte si chiede con forza il rispetto dei patti, facendo credere che le competenze avanzate siano la terra promessa, agognata da 20 anni.

In conclusione, io ci sto alla tua proposta e sedermi ad un tavolo di confronto costruttivo, come del resto CIMO chiede da tempo; ma occorre che la parte pubblica nel suo insieme faccia la sua parte e si dichiari disposta a ridefinire il lavoro dei medici e degli altri professionisti all’interno del SSN, che l’approvazione del DM sugli standard che modifica i modelli organizzativi e distrugge le carriere “dirigenziali”, rende indispensabile se si vuole continuare ad avere medici bravi e motivati ed evitare conflitti interprofessionali.