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Rapporto Ocse. Cassi: “Attestazione per impegno professionisti Ssn. Ma troppi errori politici e amministrativi” (Quotidiano Sanità)

L’operato dei professionisti del Ssn, descritto nel Rapporto, assume ancora più lavoro se contestualizzato nella situazione di crisi attuale. Nello studio sono emerse alcune criticità già all’esame delle Istituzioni, una su tutte la necessità di correggere il titolo V. Cassi: “Ci auguriamo che non serva un altro rapporto per avviare il cambiamento”.

Ogni rapporto che fotografa la situazione del Ssn evidenzia le stesse criticità. Il rapporto Ocse presentato ieri è un’ulteriore attestazione dell’impegno dei professionisti della sanità italiana per la tutela della salute dei cittadini, in una situazione che a causa della crisi economica, e non solo, sta diventando sempre più drammatica e gravosa sugli operatori. Sono tuttavia emerse alcune criticità le stesse che sono già all’esame delle istituzioni, una su tutte la necessità di correggere il titolo V che ha consentito la nascita di 21 diversi sistemi regionali con differenze inaccettabili nella qualità dei servizi erogati e di riportare ad una governance centrale la garanzia dell’universalità del Ssn su tutto il territorio nazionale.

“Come Cimo abbiamo particolarmente apprezzato la parti del documento riguardanti la formazione e la verifica dei medici che operano nel Ssn, temi che abbiamo sempre messo al centro della nostra azione sindacale – afferma Riccardo Cassi, Presidente Cimo – Il documento, infatti, afferma che occorre superare l’attuale metodo didattico, aprendosi a metodi più moderni e di più elevata qualità e critica l’attuale sistema ECM che non valuta, a differenza degli altri paesi Ocse, la perfomance dei professionisti ma utilizza sistemi poco impegnativi.Pone inoltre la necessità della diffusione di un sistema di verifica della qualità dell’assistenza ed all’efficacia delle cure, attraverso indicatori degli esiti e correlando tutto questo ad un sistema premiante per strutture ed operatori”.

Questo concretamente vuol dire abbandonare l’attuale sistema aziendalistico, che premia la presunta efficienza dei cosiddetti dirigenti, per passare ad un sistema nel quale si valuta la competenza clinica del professionista medico, che deve formarsi attraverso un percorso simile a quello degli altri paesi Ocse e non attraverso quello fallimentare attivo oggi nel nostro paese che l’università continua a voler difendere incurante dell’evidenza della sua inadeguatezza.

“Cimo si augura che il Ministero che questo studio ha commissionato, riesca a rendere concreto nella stesura della delega prevista dall’art. 22 del patto per la salute e della riforma della dirigenza della PA, eliminando per prima cosa l’anomalia solo italiana di un medico dirigente gestionale e non professionista a cui è affidata la prevenzione, la diagnosi e la cura – conclude Cassi – Questo torniamo a chiedere con forza non solo per restituire un futuro alla categoria, ma soprattutto per poter garantire efficacemente la tutela della salute dei cittadini uniformemente su tutto il territorio nazionale”.