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Chiusura piccoli ospedali, Cassi (Cimo): serve riorganizzazione qualitativa. (Doctor33)

Sarebbero 175 gli ospedali con meno di 120 posti letto a rischio chiusura. In questi giorni, l’ipotesi di una decisione governativa in tal senso è tornata in primo piano e ha subito alimentato le prese di posizione, specialmente quelle contrarie espresse da molte Regioni. C’è però chi fa un discorso più articolato, come il presidente nazionale Cimo-Asmd Riccardo Cassi: «Un ospedale deve avere certi requisiti in termini di reparti, dotazioni e numero adeguato di medici che vi lavorano.  Il problema non si può ridurre al numero di posti letto, ma alla capacità di un ospedale di accogliere tutte le patologie, se aperto sulle 24 ore con un pronto soccorso». È da questa premessa che deve prendere avvio un intervento complesso: «Una riorganizzazione della rete ospedaliera è necessaria, ma in senso più qualitativo che quantitativo; tenere aperti ospedali che non hanno requisiti minimi è pericoloso; inoltre, se l’ospedale ha un bacino d’utenza piccolo, non può arrivare a un numero di interventi tale da mantenere la professionalità dei medici che vi lavorano». Secondo Cassi, molti di questi ospedali possono essere trasformati in strutture più utili al fabbisogno della popolazione, tuttavia «in alcune Regioni stiamo assistendo ad accorpamenti di ospedali lontani, con un unico direttore di struttura e organici sottodimensionati, una cosa folle». L’intervento è impegnativo e dovrebbe essere fatto in tempi brevi, «perché se ne parla da tanti anni e solo l’inefficienza delle regioni e soprattutto il clientelismo locale hanno impedito una vera ristrutturazione della rete». Come superare queste resistenze? «L’incarico compete alle Regioni, che conoscono la realtà locale, ma il ministero dovrebbe disporre interventi sostitutivi laddove queste fossero inefficienti nell’attuare i piani di riorganizzazione. Le Regioni in piano di rientro sono state controllate solo sul piano economico ma se si taglia senza obbligare a fare delle ristrutturazioni si priva la popolazione di servizi. Peraltro occorrono anche risorse; produrranno risparmio e servizi migliori, ma nell’immediato occorre investire nelle strutture».

di Renato Torlaschi