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SETTE MOSSE PER SALVARE L’UNIVERSALITA’ (Il Sole 24 Ore Sanità)

Con la sentenza ultima della Corte di Cassazione che ha riconosciuto non più di rilevanza penale la condotta medica connotata da colpa lieve che si collochi «all’interno dell’area segnata da linee guida o da virtuose pratiche mediche, purché esse siano accreditate dalla comunità scientifica», diventa necessario un ragionamento più ampio sulla responsabilità del medico.

In Italia negli ultimi anni vi è stato un incremento delle richieste di risarcimento totalmente ingiustificato e spesso frutto di un contenzioso istigato da legali poco responsabili e da una cultura che oramai rifiuta morte e malattia.

Tutti dovrebbero essere consapevoli che mentre l’assistenza sanitaria in un paese avanzato può e deve essere considerata un diritto, altrettanto non si può dire per la salute. Condizioni che portano a conseguenze gravi anche in presenza di un comportamento medico corretto esistono ed esisteranno sempre.

I medici si trovano quindi a operare in condizioni estremamente stressanti a loro volta causa di un aumento dei rischi e della possibilità di errore e dell’esplodere della medicina difensiva con costi enormi per la collettività. Si calcola infatti che questa pratica comporti una spesa annuale di circa 14 miliardi. Denaro che potrebbe essere impiegato in modo più intelligente se solo il legislatore prendesse in considerazione i provvedimenti adatti a fronteggiare questa situazione. Sono inderogabili vere e radicali riforme del sistema, in assenza delle quali ci saranno solo interventi palliativi, spesso stravolti e vanificati dai troppi organismi giurisdizionali che esistono nel nostro Paese.

Attualmente il 95% delle richieste di risarcimento finisce in tribunale, mentre nel resto d’Europa vengono trattate extragiudizialmente. Oltre il 70% dei medici viene comunque prosciolto o assolto, ma i processi durano anni e presentano comunque costi che rimangono a carico del medico. L’Italia è altresì uno dei pochi Paesi dell’Ocse nei quali la colpa professionale è un reato perseguibile penalmente.

L’alto numero di assoluzioni e proscioglimenti indica anche chiaramente quanto molte delle richieste siano strumentali e non basate su solidi presupposti.

La legge Balduzzi e gli altri provvedimenti che l’hanno preceduta sono carenti e non hanno affrontato il problema in modo radicale, cioè nell’unico modo che possa consentire di salvare un sistema sanitario universalistico come il nostro. Altrimenti assisteremo all’esplodere dei costi assicurativi e di conseguenza a una profonda modificazione del sistema con una Sanità per ricchi e una per tutto il resto della popolazione di livello drammaticamente inferiore a quella che abbiamo ora.

È necessario quindi agire su più fronti: prevenzione, copertura assicurativa, normativa civile e penale.

Noi di Cimo chiediamo l’adozione dei seguenti provvedimenti:

Depenalizzazione dell’atto medico a esclusione ovviamente dei casi di dolo.

Introduzione del concetto di lite temeraria con diritto di rivalsa del medico nei confronti di coloro che intentano cause strumentalmente senza alcun fondamento clinico.

Inversione dell’onere della prova. Obbligo di copertura assicurativa o di gestione diretta del sinistro da parte della struttura.

Obbligo di percorsi extragiudiziali e penalizzazioni per chi rifiuta l’accordo strumentalmente.

Introduzione del concetto di alea terapeutica, quando a esempio vi siano effetti avversi non prevedibili con l’uso di un farmaco.

Obbligo dell’introduzione nelle aziende di una vera prevenzione del rischio.

A chi trovasse queste proposte eccessivamente favorevoli ai medici sarebbe utile ricordare che il medico del Servizio sanitario nazionale è obbligato a intervenire e a trattare il paziente anche nei casi più gravi e complessi e che l’affrontare queste emergenze in perenne stato di allarme non fa altro che aumentare i rischi comunque insiti in qualsiasi trattamento.

Sergio Barbieri

Referente Cimo-Asmd responsabilità professionale

Riccardo Cassi

Presidente nazionale Cimo-Asmd

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