Congresso Cimo, la rappresentanza si amplia a primari direttori sanitari e 118.

Meglio fare fronte comune

 

La Confederazione italiana medici ospedalieri dopo essersi federata con Fesmed accoglie l’adesione del sindacato Anpo Ascoti Fials, con i direttori sanitari di Anmdo e i medici di emergenza urgenza di Saues. Diventa quindi un “blocco” di 17 mila iscritti circa, avvicinando Anaao Assomed, primo sindacato della dirigenza medica, ed ampliando la rappresentanza a più categorie. È il dato più eclatante del 32° Congresso nazionale Cimo in programma da ieri. Un congresso elettivo: al vertice della sigla si ricandida per la seconda volta Guido Quici, direttore medico di Epidemiologia dell’Ospedale Rummo di Benevento, per un secondo quadriennio.

Quici oggi è preoccupato dall’eccessiva divisione dei sindacati autonomi ospedalieri; la scommessa è creare subito un’unica rappresentanza dei blocchi sindacali citati, con un Segretario aziendale ed un Segretario regionale unici destinati a seguire le trattative decentrate per tutta la Federazione. Oggi ai lavori è prevista la presenza del ministro della Salute Roberto Speranza. «C’è grande attenzione a questo evento, e alla politica di inclusione che abbiamo messo in atto, che non fagocita gli altri sindacati ma ne esalta l’autonomia nei Dipartimenti per poi adottare una linea collegiale. Ci sono troppi sindacati e sottolineare le specificità non ci aiuta in una trattativa sempre più complessa con governo e regioni. Al valore dell’inclusione hanno creduto per primi chirurghi e ginecologi di Fesmed, quindi ora i primari di Anpo e gli ortopedici di Ascoti, i direttori sanitari, i colleghi dell’emergenza. L’attività sindacale in ambito ospedaliero deve rispettare le peculiarità specialistiche ma se esce un decreto sugli standard o se il PNRR evoca una diversa organizzazione del lavoro, un sindacato generalista grande e coeso che esprime idee dopo un confronto con le sue “anime” ha una ben diversa credibilità – dice Quici – ed incide meglio specie in un momento in cui tutta la professione medica è nel mirino e le sue competenze nella visione delle regioni sono oggetto di task shifting verso altre professioni. Tra l’altro, noi siamo da sempre contro i sylos in sanità, medico del territorio e dell’ospedale devono parlarsi, e non saremmo coerenti se i “muri” li erigessimo a livello di rappresentanza sindacale».

In linea con questo pensiero, la Federazione – che annovera ben 17 presidenti d’ordine tra gli iscritti e creerà un coordinamento per sostenere le politiche della professione sul versante deontologico – è promotrice dell’Alleanza per la professione medica istituita con i medici di famiglia Fimmg, i pediatri Fimp, i dentisti Andi, gli specialisti ambulatoriali Sumai, i medici dipendenti del privato Cimop. «Arriviamo a 100 mila medici – dice Quici – ma se in trattativa, come Federazione, facessimo fronte comune su alcuni punti con Anaao Assomed sfioreremmo il 50%, con dall’altra parte i sindacati confederali e poco più. In effetti negli ultimi tempi alcune dichiarazioni del Segretario Carlo Palermo ci trovano più vicini. Ad esempio, lui evoca un contratto con il Ministero della Salute, noi lo andiamo chiedendo da 4 anni.

Cosa succede in trattativa? «Purtroppo, non abbiamo ricevuto convocazioni dalla parte pubblica per discutere il contratto 2019-21. E fa riflettere il fatto che il contratto 2016-18, atteso da 10 anni, non sia ancora applicato nel 98% degli ospedali come dimostra una nostra indagine in 182 aziende». Sul futuro ci sono ombre. «Se quest’anno il Fondo sanitario nazionale causa pandemia è salito a 121 miliardi, per il prossimo è previsto un +1% che significa un aumento di 1,2 miliardi, di cui il 15% deve andare alla medicina del territorio. Resta circa un miliardo, che però basta giusto per il contratto del comparto. Inizio a preoccuparmi per la dirigenza», considera Quici. «Abbiamo avuto un incremento del 27% dell’indennità di esclusività grazie al ministro Speranza ma altre cose non vanno bene, sul fronte dell’esigibilità dei diritti, dell’orario, della carriera che oggi langue come ci testimoniano i medici dell’emergenza, molti dei quali a una vita di turni disagiati preferiscono la convenzione territoriale. In tema di responsabilità sanitaria serve una riforma di legge, oggi nei contenziosi le aziende possono non accettare che il medico scelga un avvocato diverso dal loro perché di sua fiducia, ma in tal caso il medico paga le spese anche se vince la causa. Penso che ciò non sia costituzionale, faremo un intervento importante. E ci impegneremo sull’emergenza e sul lavoro al femminile. Per affrontare le sole cose che ho elencato (ma ce ne sono altre) serve un sindacato forte, dieci sigle litigiose non vanno da nessuna parte».

 

Articolo di Mauro Miserendino

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