Il nuovo governo e i sindacati: rispondono Quici, Palermo, Bibbolino, Filippi

I leader di Anaao, Fassid, Cgil Medici e Cimo-Fesmed dicono la loro sulla svolta di governo maturata questa estate e sulle prosime sfide che attendono il nuovo Esecutivo giallorosso. Dal Patto per la Salute alla prossima legge di Bilancio. Una priorità condivisa da tutti è ovviamente quella di una svolta nelle politiche del personale ma in generale l’attenzione massima resta sulle risorse e su quanto e come il nuovo Governo voglia realmente investire sulla sanità

 

25 SET – Con i leader di Anaao Assomed, Fassid, Cgil Medici e Cimo Fesmed inizia il nostro Forum con i sindacati della sanità per cogliere le aspettative ma anche il “sentiment” nei confronti del nuovo Governo maturato dopo la crisi del Conte 1.
Le aspettative sono molte ma il clima che prevale è quello di chi, al tavolo del poker, aspetta che sia l’avversario a fare la prima mossa.
 
Le richieste avanzate sono sempre le stesse e segnano la ferma intenzione dei sindacati a spingere il Governo a prendere decisioni chiare e forti per la valorizzazione del personale e il rilancio della sanità pubblica. Su questo si maturerà il loro giudizio finale e il clima dei rapporti nei mesi a venire.
 
Ma ecco cosa ci hanno risposto i quattro sindacalisti.

QS. Con il cambio di maggioranza nel Governo pensate vi saranno cambiamenti di linea sulla sanità rispetto al precedente esecutivo?
 
 Carlo Palermo, segretario Anaao-Assomed
Non penso. Le prime dichiarazioni del Ministro Speranza confermano la volontà di preservare e rilanciare una sanità pubblica e universalistica attraverso un finanziamento adeguato in Legge di Bilancio, fermando un decennio di pesante de-finanziamento. I problemi da affrontare sono sempre gli stessi: la gravissima carenza di personale medico e infermieristico, il rischio di incrementare con il regionalismo differenziato le già pesanti diseguaglianze territoriali, lo sviluppo indisturbato dell’intermediazione finanziaria-assicurativa, sotto le mentite spoglie del 2° pilastro, finalizzato secondo i suoi sostenitori a rimediare una presunta insostenibilità del SSN, l’insufficiente erogazione dei LEA in molte Regioni.
 
 Corrado Bibbolino, Coordinatore Fassid
L’auspicio è che ci sia da Sanità e  MEF un cambio di rotta sui tagli degli ultimi 10 anni. Si è voluta l’aziendalizzazione, ma quali sono le aziende che si rilanciano tagliando i finanziamenti?  I circa 40 miliardi sottratti in questi anni al Servizio pubblico hanno davvero ridotto la Sanità in uno stato comatoso. In ogni caso qualsiasi cambiamento non può che vedere coinvolte le Regioni. La crisi del 2008 è stata pesantemente ribaltata sul SSR, iil cui Fondo di finanziamento è diventato il “bancomat” per numerosi governi.  Il Ministro ha dichiarato di voler abolire disuguaglianze e ha anche promesso maggiori finanziamenti che sono l’unica vera soluzione alle insufficienze organizzative. In presenza della bozza di intesa del nuovo contratto ci sono quindi tutte le premesse per migliorare lo status del Servizio Sanitario Nazionale. L’assenza stessa dei rinnovi contrattuali per oltre 10 anni ha reso possibili comportamenti aziendali e non solo, in assoluta violazione delle norme nazionali (legislative e contrattuali). L’organizzazione dei servizi, la flessibilità nell’applicazione della normativa concorsuale, la formazione specialistica ecc. sono tutti campi lasciati liberi dallo Stato. E gli spazi progettuali lasciati liberi dallo Stato sono stati occupati dalle Regioni.
 
 Andrea Filippi, Segretario Fp Cgil Medici
Difficile prevedere le reali intenzioni del nuovo Governo che vanno al di là dei programmi del Ministero della Salute nella misura in cui dipendono dall’impianto politico, ma soprattutto economico dell’Esecutivo.
Ascoltando le prime dichiarazioni del Ministro Speranza, per la verità ancora molto generiche, auspichiamo un radicale cambio di passo con i Governi degli ultimi 20 anni che hanno determinato un progressivo ed inarrestabile definanziamento del SSN sopratutto in termini relativi al prodotto interno lordo, in rapporto al quale il Fondo Sanitario Nazionale è sceso sotto la media UE. Oggi tutti si aspettano da questo governo un’inversione di questa tendenza attraverso un finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale che superi i 2 miliardi aggiuntivi già programmati nella legge di bilancio 2018.
 
 Guido Quici, Presidente Cimo-Fesmed 
L’esperienza dei Governi degli ultimi 15 anni ci ha purtroppo dato evidenza, nel concreto, di quale sia la visione della politica italiana nei confronti della sanità.
Il finanziamento del SSN degli ultimi 10 anni ha messo a disposizione meno di un miliardo in più all’anno (da 105,6 miliardi nel 2010 a 114,4 miliardi nel 2019), il rapporto spesa sanitaria/PIL tende sempre di più alla soglia minima del 6,4% e, di contro, aumenta in modo esponenziale l’out of pocket dei cittadini. Se a questo aggiungiamo una non equa ripartizione del Fondo Sanitario Nazionale tra le regioni, si determina un evidente incremento delle diseguaglianze nell’accesso alle cure, che rischia di aumentare con l’attuazione dell’autonomia differenziata.
Come CIMO-FESMED non ci poniamo tanto la questione del cambio di Governo, perché è del tutto evidente che l’attuale contesto di crisi della sanità pubblica è il frutto di tutte le politiche che in questi anni hanno preceduto questa contingenza del cambio della maggioranza. Ci poniamo, piuttosto, la questione se l’attuale Governo Conte voglia davvero prendersi cura dalla sanità italiana o se consideri la stessa, ancora una volta, come un costo anziché una risorsa, come una sorta di bancomat da utilizzare nelle prossime finanziarie anziché un investimento strategico per un paese migliore e con standard europei.
 
Bisogna ricordare infatti che negli ultimi anni non solo il SSN è stato costantemente sottofinanziato ma che si è cercato di ricavare risorse dalla riduzione del costo del personale sanitario.
 
Avrà il nuovo Governo Conte il coraggio di rilanciare la sanità pubblica con maggiori investimenti strutturali e tecnologici e, contestualmente, avviare quel piano di assunzioni deliberatamente evaso nell’ultimo decennio, il cui costo potrebbe essere incompatibile con i vincoli di finanza pubblica? Se l’Agenda del Conte bis rimetterà al centro la sanità sarà un bene per tutti, altrimenti non c’è Ministro che tenga.
 

QS. Quali le prime richieste per il neo ministro Speranza?

 Carlo Palermo, segretario Anaao-Assomed
Chiederemo un vero sblocco delle assunzioni. È, pertanto, necessario prevedere il superamento del limite posto con il DL “Calabria” all’incremento delle dotazioni organiche rispetto al 2018, altrimenti le Regioni in piano di rientro impiegherebbero decenni per recuperare il personale perso dal 2009 in avanti. Si tratta di 8 mila medici, 2 mila dirigenti sanitari, 36 mila infermieri. Anche in presenza di uno sblocco largo delle assunzioni, per far fronte alla carenza attuale e futura di specialisti devono essere rapidamente emanati i decreti attuativi della norma contenuta nell’articolo 12 del DL “Calabria” che permette l’assunzione a tempo determinato degli specializzandi del 4° e 5° anno con un contratto di formazione lavoro collegato a quello dell’Area della Dirigenza Medica. I risparmi ottenuti permetterebbero di incrementare i contratti di formazione post laurea e dare una svolta alla crescita inesorabile dell’imbuto formativo. Si pensi che entro tre anni i candidati al concorso per l’accesso alla specializzazione arriveranno a 25 mila.
 Corrado Bibbolino, Coordinatore Fassid
Un tavolo permanente di confronto con le OO.SS per attivare subito con pressante richiesta del Ministro Speranza  le procedure finanziarie per il prossimo Contratto 2019-2021. Quello appena firmato rappresenta solo un passo, il primo, verso la ripresa del SSN.
Sblocco delle assunzioni per tutti i profili professionali della Dirigenza Medica e Sanitaria; rifinanziamento del SSN; finanziamento aggiuntivo del FSN; stanziamento di adeguate risorse economiche per il rinnovo del contratto; valorizzazione, anche economica, delle professionalità mediche e dei dirigenti( farmacisti, fisici, psicologi ecc. del SSN); specializzazioni; dotazioni organiche; standard ospedalieri e territoriali orientati all’efficacia ed efficienza, abbandonando la deriva “fordista”;
ma non dimentichiamo che il primo che dovrebbe verificare come non sono andate bene le cose è il ministro Gualtieri.
 
 Andrea Filippi, Segretario Fp Cgil Medici
I Servizi Sanitari pubblici hanno due urgenze assolutamente inderogabili senza le quali assisteremo al declassamento dei Livelli Essenziali di Assistenza offerti alla cittadinanza:
– piano assunzionale straordinario per tutte le figure professionali del SSN, ad oggi mancano 35 mila operatori del comparto ed 8 mila Medici a cui si aggiunge la grave storica carenza di Psicologi, Biologi, Chimici ed oggi anche di Amministrativi. Si prevede che nei prossimi due anni i numeri saliranno esponenzialmente, non c’è più tempo da perdere bisogna intervenire sulle norme per accelerare i tempi di reclutamento e sulle risorse per per derogare ai tetto di spesa sul personale imposti alle Regioni.
– piano emergenziale carenza medici specialisti. Ormai la carenza di medici specialisti nei servizi di emergenza urgenza, ma non solo,  ha colpito tutte le Aziende del territorio nazionale, le Regioni sono costrette ai provvedimenti più disparati e spesso in contrasto con le norme nazionali. Il problema non è più rinviabili è necessario un piano strategico straordinario che attraverso un tavolo con le Organizzazioni Sindacali individui soluzioni strutturali/di lunga durata ed emergenziali/ transitorie, ma omogenee sul territorio nazionale.
 necessaria infine una completa revisione della medicina territoriale che oggi rappresenta il vero vulnus della nostra organizzazione sanitaria in termini di frammentazione organizzativa, gestionale e contrattuale. E’ necessario ripartire da una visione uniforme dei servizi che iniziando dalla fidelizzazione di tutti gli operatori, attraverso contratti di dipendenza anche per i medici di medicina generale, sia in grado di offrire servizi realmente integrati alla cittadinanza.
 
 Guido Quici, Presidente Cimo-Fesmed 
Credo che l’attuale contesto sia ben presente tanto gli addetti ai lavori quanto ai cittadini e che i vari stakeholders siano ben documentati su tutte le questioni di natura sociale, economica e professionale che investono la sanità pubblica. In generale, le aspettative sono molto elevate ma c’è anche tanta disillusione, visto che in precedenza gli atti concreti non sono stati quasi mai in linea con i “desiderata”.
 
Quindi al neo Ministro Speranza, a cui auguriamo buon lavoro e massima collaborazione nell’interesse comune, chiediamo semplicemente trasparenza, dialogo a 360 gradi, chiarezza, determinazione e coraggio nel denunciare l’avvenuto smantellamento della sanità pubblica non tanto a vantaggio di quella privata ma direttamente a danno delle tasche dei cittadini italiani e del patrimonio di professionalità mediche che sappiamo formare.
Non abbiamo bisogno di proclami ma di atti concreti, di azioni che valorizzino la sanità come fattore produttivo del Paese e basterà attendere la prossima Legge Finanziaria per valutare lo scenario: si capirà se si intende condannare o meno le prestazioni pubbliche al declino.
 
QS. Il Patto per la Salute non è ancora stato siglato. Chiederete di essere convocati prima della sigla? E in ogni caso quali sono le vostre proposte in merito?
 Carlo Palermo, segretario Anaao-Assomed
La stipula del Patto è importante perché ad essa sono vincolati gli incrementi del FSN previsti dalla Legge di Bilancio per il 2019. Non siamo, però, disponibili ad accettare tutte le richieste avanzate dalle Regioni. Mi riferisco in particolare alle deroghe sull’orario di lavoro e i riposi e alla possibilità di assumere neo laureati e specialisti con contratti libero professionali. Ricordo che la Corte di Giustizia della Comunità Europea ha già dichiarato illegittime deroghe in materia per motivi che non siano eccezionali e transitori (sentenza Grecia) e che se si vogliono assumere neolaureati, chiediamo che l’assunzione sia fatta all’interno di un contratto di formazione lavoro finalizzato all’acquisizione del titolo di specialista. La sfida vera è quella della formazione post lauream del personale medico, elemento strutturale per garantire la sostenibilità della sanità pubblica. Essa richiede una coraggiosa riforma, organica e nazionale, che la renda meno vincolata a dinamiche universitarie e più legata al fabbisogno e alla programmazione del SSN. Occorre individuare reti formative in cui l’Università svolga un ruolo di coordinamento delle attività didattiche e di ricerca, in collaborazione con strutture ospedaliere, learning hospital, capaci di trasmettere competenze professionali insegnando il ‘saper fare’ ed il ‘saper essere’ del medico di domani. Anticipando l’incontro dell’attività formativa con l’attività assistenziale attraverso un vero contratto di lavoro dipendente, a tempo determinato ed a scopi formativi, che sancisca il passaggio dei giovani medici dallo status di studenti a quello di lavoratori, garantendo tutele assistenziali e previdenziali attraverso un pieno e precoce inserimento professionale nel SSN.
 
 Corrado Bibbolino, Coordinatore Fassid
Il Patto della Salute ci ha visti più volte ai tavoli tecnici con richieste espresse anche all’ultima maratona promossa dal Ministero della Salute. Il nostro documento è stato recepito e pubblicato nel volume di raccolta che è sul sito. Abbiamo chiesto di dedicare più risorse alla prevenzione e scongiurare i numerosi tentativi di esternalizzazione. Infine abbiamo chiesto di ridefinire gli standard previsti dalla legge Balduzzi.
 
 Andrea Filippi, Segretario Fp Cgil Medici
L’elemento centrale sul quale orientare l’impostazione del patto della salute deve necessariamente partire dalla tutela dei Livelli Essenziali di Assistenza che deve ritrovare le sue fondamenta applicative sulla corretta metodologia per la valutazione degli standard di prestazione e dei fabbisogni di personale che non può prescindere da un confronto serrato con le Organizzazioni Sindacali e nel contempo dal potenziamento del rapporto della Conferenza Stato Regioni anche al fine della tutela dell’universalismo nell’offerta di servizi, oggi minata dalle incalzanti iniziative di autonomia differenziata. In questo senso è necessaria una revisione dei Piani di Rientro anche attraverso programmi di partenariato proposti, con le Regioni più virtuose. Positiva la valutazione in tema di investimenti per il potenziamento delle reti strutturali per l’assistenza socio-sanitaria cosi come per quelli per il contrasto alla mobilità sanitaria, molto negativo invece il nostro giudizio sulla revisione degli accreditamenti per i rapporti degli Enti Privati con il SSN, un tema molto trascurato nel patto della salute che merita invece un’attenzione specifica nel progressivo mutamento dei Servizi Sanitari.
 
 Guido Quici, Presidente Cimo-Fesmed
L’esperienza insegna: Il Patto per la Salute 2014-16 prevedeva un fabbisogno di 115,4 miliardi nel 2016 ma, in realtà, il vero finanziamento è stato di soli 111,0 miliardi. Da qui i pochi margini di manovra, che hanno reso inattuati gran parte dei provvedimenti a partire dal DM 70/15, i cui standard non sono stati applicati da tutte le regioni; soprattutto, l’assenza di risorse ha impedito l’attuazione del piano nazionale della prevenzione, del piano delle cronicità, ecc.
Il nuovo Patto per la Salute, al di là del solito “ritornello” del miglioramento della qualità e sicurezza delle cure attraverso un efficientamento dei costi, è pur sempre legato al reale finanziamento del nostro SSN, quindi legato alla futura Legge di Bilancio; per cui viene spontaneo chiedersi come sia possibile efficientare ulteriormente i costi e contestualmente rilanciare la sanità italiana con le attuali risorse e con un’una offerta ridotta.
 
Ci aspettiamo (e ci auguriamo) dunque ma una seria programmazione basata su risorse certe che non siano vanificate da successivi DEF che “smentiscono” quanto programmato  e di fatto ne impediscono l’implementazione.
 
Quindi ci aspettiamo una convocazione prima della sigla del nuovo Patto ma la stessa deve avvenire solo dopo aver accertato quali sono le reali risorse. Noi non siamo abituati a chiedere la luna a un testo che, troppo spesso, appare come un “libro dei sogni” del tutto irrealizzabile- Le proposte della Federazione CIMO-FESMED saranno “tarate” su principi di concretezza.  Da un punto di vista sindacale, è necessario ricordare che nel finanziamento del SSN è ricompreso il costo del personale e i rinnovi contrattuali e mai come in questo momento il piano di assunzioni del personale necessiterà di importanti risorse aggiuntive.
 
Senza queste assicurazioni preliminari, potrebbe diventare del tutto inutile un confronto basato su promesse ed aspettative che, negli ultimi anni, sono sempre venute meno.
 
QS. A breve ci sarà la legge di bilancio, primo vero banco di prova per il Conte/2. Ci vuole indicare le tre priorità per la sanità e per gli operatori del settore? 
 Carlo Palermo, segretario Anaao-Assomed
Importante è sicuramente dare seguito alle promesse avanzate per la salvaguardia del SSN. La cosiddetta “Quota 10” indicata dal Segretario Zingaretti, cioè 10 miliardi di € in tre anni di incremento del FSN, rappresenta il livello minimo di finanziamento per affrontare le criticità emergenti. Serve per avviare il grande piano assunzionale già citato, il cui costo è valutabile, per i soli medici e dirigenti sanitari, in circa un miliardo di €. Serve anche per gettare le basi economiche per avviare in tempi rapidi il rinnovo del Ccnl 2019/2021, dopo aver chiuso con un largo ritardo quello 2016/2018, ancora in attesa della sua definitiva sottoscrizione.
 
In secondo luogo, ci aspettiamo una rivisitazione dell’indennità di esclusività ferma ai valori economici, oramai sviliti, del momento della sua istituzione circa 20 anni fa. Ricordiamo che la retribuzione media dei Dirigenti medici e sanitari è tra le più basse d’Europa e rappresenta uno dei motivi di fuga dei medici verso il privato e l’estero.
 
Per rendere più attrattivo il lavoro nel SSN, chiediamo, infine, l’estensione al settore pubblico dei benefici della detassazione del salario accessorio collegato alla produttività, già operativo da anni per il settore privato. In particolare il provvedimento è urgente proprio nel SSN che richiede incentivi per soddisfare le aumentate necessità sanitarie della popolazione. In sanità è stata creata una fiscalità di vantaggio (Flat tax) del settore privato accreditato rispetto a quello pubblico, nonostante entrambi i settori siano finanziati dalla fiscalità generale. Ovviamente, ci associamo alla richiesta avanzata dalle maggiori Confederazioni sindacali di defiscalizzare i prossimi incrementi contrattuali.
 
 Corrado Bibbolino, Coordinatore Fassid
Finanziamento per il rinnovo del Contratto 2019 – 2021; finanziamento aggiuntivo del FSN; sblocco delle assunzioni per tutti i profili professionali della Dirigenza Medica e Sanitaria.
Occorre rivalutare criticamente l’organizzazione attuale del SSN con massima attenzione ai Servizi di Prevenzione, Diagnostica e Terapia, ovvero al numero e alla consistenza di tutte quelle strutture a valenza trasversale (Radiologia, Laboratorio Analisi, Farmacia, Prevenzione, Salute mentale) di supporto a tutte le altre unità cliniche specialistiche di ricovero o ambulatoriali. con uno sguardo concreto all’ appropriatezza e alla razionalizzazione delle risorse utilizzate.
E poi per tornare all’inizio è necessaria una rivisitazione della aziendalizzazione (l’attuale organizzazione è assolutamente monocratica e troppo spesso inadeguata): i direttori generali andrebbero affiancati da consigli di amministrazione indipendenti. Vanno rivisitati i percorsi formativi universitari con uno sguardo alla pratica clinica corrente e soprattutto agli aspetti manageriali e gestionali. E bisogna porre fine alle nuove forme organizzative Hub & Spoke  dei Servizi in favore di organizzazioni super specializzate ad hoc in presidi ospedalieri e territoriali ad alta specificità.
 
Andrea Filippi, Segretario Fp Cgil Medici
1.      Finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale con aumento dei 2 miliardi già previsti nella scorsa legge di bilancio.
2. sblocco del tetto della spesa per il personale imposto alle Regioni anche nel Decreto Calabria. Allo stato attuale qualsiasi tetto rappresenta un ostacolo insormontabile alla declinazione del piano assunzionale straordinario.
3. sblocco del tetto di spesa del salario accessorio del personale. l’art 23 comma 1 e 2 della Legge Madia ha imposto un tetto ai fondi accessori che di fatto impedisce di intervenire sulle drammatiche condizioni di lavoro in cui sono costretti a lavorare oggi gli operatori della salute. E’ un tema centrale anche in termini contrattuali per il quale ci stiamo battendo, inascoltati anche dal Governo giallo verde, ma che consentirebbe di valorizzare le professionalità, oggi sottopagate rispetto agli altri paesi d’Europa,  in termini di performance, di disagio e di carriere.
 
 Guido Quici, Presidente Cimo-Fesmed 
Sarebbe fin troppo semplice, tra le tre priorità per la sanità, chiedere che il SSN sia adeguatamente finanziato, che ci sia un piano straordinario di assunzione del personale sanitario da stabilizzare (senza le “furbizie” regionali che abbiamo visto in questo periodo con soluzioni contrattuali al ribasso) e che vi sia un ammodernamento tecnologico delle strutture sanitarie. Senza sprechi, vorremmo aggiungere.
 
Purtroppo, il problema è ben più complesso e le sfide sono tante: dall’autonomia differenziata, che necessita di un riequilibrio tre le effettive condizioni di accesso alla sanità nelle 20 regioni; alla valorizzazione delle risorse umane, fin troppo mortificate dalle condizioni quotidiane di lavoro e dai recenti rinnovi contrattuali; alla necessità di fare chiarezza tra LEA, assistenza integrativa e sostitutiva; agli impegni su tematiche riguardanti la prevenzione, le cronicità e la sicurezza delle strutture ospedaliere.
 
Per gli operatori del settore, al Presidente Conte e al Ministro Speranza chiediamo di rivedere la governance della rappresentanza e rappresentatività del servizio sanitario nazionale. La specificità della nostra professione e le esperienze di una contrattazione di lavoro cui si applica passivamente lo schema di regole generiche della Pubblica Amministrazione, che hanno poco a che vedere con il mondo sanitario e medico in particolare, impongono una rivisitazione delle modalità di contrattazione. Da tempo CIMO chiede di far uscire la componente medico-sanitaria dalla contrattazione dalla Funzione Pubblica e di prevedere un meccanismo di confronto diretto con le Regioni insieme alla mediazione di un’Agenzia che rappresenti il Ministero della Salute giacché è al Ministero che fanno capo i processi organizzativi derivanti dal patto della salute, dai LEA, dal DM 70 sugli standard, dal piano delle cronicità.
Siamo pronti a impegnare le nostre competenze sindacali e professionali su questa scommessa che di fatto rilancerebbe davvero il nostro SSN attraverso una vera continuità organizzativa e professionale tra ospedale e territorio.
 


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