RASSEGNA STAMPA

Contratto, Cimo alle Regioni: potevano accantonare somme per i rinnovi

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Si re-infiamma il fronte contrattuale. Il coordinatore degli assessori, il piemontese Antonino Saitta, chiede 800  milioni in più per una trattativa da 1,4 miliardi totali per comparto, dirigenza medica e medici convenzionati. I sindacati ospedalieri ribattono: le regioni dovrebbero avere accantonato altre risorse. Per tutte le aree della Pa, il comune denominatore dovrebbe essere un incremento dello 0,36 % per il 2016; dell’1,09 per il 2017 e del 3,48 per il 2018 sul monte salari 2015, al netto dell’indennità di vacanza contrattuale. Vi ricadono gli 85 euro lordi medi mensili, redistribuiti secondo reddito. Ma attenzione, i 4 miliardi in tre anni destinati dalla nuova Finanziaria ai pubblici dipendenti – 300 milioni per il 2016, 900 per il 2017 e 2.850 nel 2018 – sarebbero per ministeri, polizia, Inps e non per enti locali, sanità, scuola (aree 2, 3, 4).«Nel nostro settore le risorse arrivano non dal calderone del pubblico impiego ma dal Fondo sanitario, come quelle per i livelli essenziali di assistenza, la spesa farmaceutica, i ricoveri», sottolinea Guido Quici presidente del sindacato medici ospedalieri Cimo. «La domanda è: ma davvero nel Fondo sanitario nazionale non ci sono risorse delle Regioni per noi? Una analisi più profonda dei dati ci dice che il costo del personale tra 2010 e 2015 è diminuito di 2 miliardi e 59 milioni di euro costituiti dalle quote pro capite lasciate a disposizione da ogni dipendente pensionatosi al top dell’anzianità e non sostituito (o rimpiazzato a costi inferiori per il Ssn). Le Regioni in quei 5 anni si sono viste inoltre aumentare il Fondo sanitario di 5 miliardi e per legge dovrebbero avere l’accortezza di accantonare una parte di quella quota. È comprensibile che quelle risorse siano state spostate per tamponare esigenze di cassa, ma ci sarebbe da attingere ai risparmi sul costo del personale. Al momento, mentre qualche risorsa c’è per i medici convenzionati, per noi dipendenti l’importo è “zero”. A monte c’è la scarsa voglia di investire in sanità, anche nella tornata elettorale fin qui se ne parla poco». Sul punto, l’eloquente comunicato di Anaao Assomed giunto a poca distanza dall’intervista: «La sanità pubblica si consuma nel conflitto tra regioni e governo sul finanziamento, pronta a spalancare le porte all’intermediazione assicurativa».

 

Freddo Quici sulla trattativa che verrà. «È possibile ci chiamino dopo le elezioni, o forse alla vigilia. La nostra piattaforma è quasi pronta, ma non firmeremo qualsiasi cosa. Gli interventi ventilati -ospedale per intensità di cure, riforma dello status giuridico del dirigente sanitario, cambiamenti nell’orario di lavoro senza oneri aggiuntivi per la Pa – danno da pensare. D’altronde, fare un contratto ponte significherebbe prendere briciole subito rinviando i problemi».

 

La Finanziaria ha incrementato il Fondo per il trattamento economico accessorio di 30 milioni nel 2019 e fino a 80 milioni nel 2025 e 86 dal 2026. Questo fondo è alimentato dalle retribuzioni individuali di anzianità, molti sindacati lo hanno accolto come “segnale di apertura”. Per Quici, «è una mossa interessante ma va chiarita. Si tratta di un piano d’accumulo che da una parte non ci ripaga di quanto abbiamo perso con il blocco della contrattazione, e dall’altra si presta ad ambiguità. Quando un collega se ne va in pensione lascia la quota RIA a incrementare i fondi accessori che sarebbero destinati a valorizzare la professione graduandone le funzioni e nell’ambito dell’articolo 22 del patto salute 2014. Ma per ora non ci sono risorse sufficienti, il blocco delle RIA ha fatto sì che i fondi si depauperassero. Intanto almeno 550 infermieri, uno per azienda sanitaria, dovrebbero presto passare dal comparto alla dirigenza, e prevedibilmente non si porteranno una dote, ma attingeranno ai fondi. Ci è stato detto infine che per semplificare il contratto si vuol creare un unico fondo accessorio accorpando i tre che ora erogano indennità di posizione, risultato e disagio, o almeno gli ultimi due. Ricordo come il Fondo disagio copra la pronta disponibilità e le ore in più di guardia, non vorrei che il fondo unico si rivelasse un salvadanaio per tenere in piedi gli ospedali dove non si fa turnover con ore di straordinario istituzionalizzate. Se queste fossero le condizioni noi cercheremo di convincere le altre sigle a dare un segnale forte alla politica. No a un contratto a tutti i costi, sì a un contratto dignitoso».

Mauro Miserendino