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Ecm, medici ospedalieri: dopo intesa Stato-Regioni formazione aziendale per tutti

Intesa raggiunta: Stato e Regioni si sono accordati per disciplinare la formazione continua dei sanitari e calarla nella realtà così da raggiungere meglio fasce di professionisti fin qui trascurate. Il nuovo accordo, che ha ok unanime dalla Conferenza stato-regioni, prevede che le regole per i provider siano fissate dalla Commissione nazionale per la formazione continua in un Manuale nazionale di accreditamento per l’erogazione di crediti Ecm. Le Regioni hanno ottenuto di poter dare un parere obbligatorio al Manuale della Commissione con il Comitato tecnico (Ctr). Avranno poi più autonomia nel disciplinare i propri Manuali con le cui regole saranno accreditati corsi e seminari entro i confini regionali. La Commissione nazionale che fa capo al Ministro della Salute potrà solo verificare i Manuali regionali e in caso di carenze rispetto ai principi dettati nel Manuale nazionale non potrà disciplinare la materia di altrui competenza, né disporre verifiche e misure a spese delle Regioni, ma solo chiedere chiarimenti alle giunte inadempienti, che dovranno adeguarsi alle regole dell’Intesa. Positivi i commenti sia delle istituzioni sia delle rappresentanze dei medici. Francesco Bevere, presidente dell’Agenas, l’Agenzia dei servizi sanitari regionali presso cui ha sede la Cnfc, sottolinea che il nuovo accordo nasce per dare organicità alle disposizioni del sistema Ecm e per elevare il livello della formazione erogata: «Si chiariscono ancora le competenze tra Stato e Regioni, assegnando allo Stato la definizione degli standard minimi omogenei su tutto il territorio nazionale e alle Regioni l’individuazione dei requisiti ulteriori di qualità, con l’obiettivo di stimolare la competizione tra i diversi sistemi per il raggiungimento di livelli di eccellenza. Per i sanitari, il razionale dell’Accordo capovolge la prospettiva in attuazione dell’art. 14 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2000: da una visione fondata solo sull’obbligo formativo si va verso un sistema che tenga in conto i diritti del professionista. L’obiettivo è rimuovere gli ostacoli di ordine economico, sociale e geografico che limitano di fatto l’accesso alla formazione continua. Ulteriori novità riguardano il conflitto di interessi – “ogni situazione ove un interesse secondario interferisce o potrebbe interferire con l’interesse primario dell’obiettività, imparzialità, indipendenza della formazione professionale del settore della salute” – e le nuove indicazioni legislative anti-corruzione.

Importante il commento congiunto di Riccardo Cassi presidente degli ospedalieri Cimo e di Alberto Catalano, presidente di Speme, società scientifica istituita da Cimo per erogare formazione e Fad gratuita anche a non iscritti con l’obiettivo, tra gli altri, di sopperire ad eventuali lacune organizzative di Asl ed ospedali. «Finora siamo andati avanti con accordi consolidati da successive determine della Commissione Nazionale», dettaglia Catalano a DoctorNews. «Ora in 97 articoli si dettaglia l’organizzazione con regole precise capaci di vincolare chi di formazione non ne fa abbastanza. Ad esempio, l’articolo 20 riconosce il dovere delle aziende Ssn di garantire la formazione continua a tutti i dipendenti. Finora Asl e ospedali non sempre hanno offerto la formazione aziendale adeguata, e i colleghi devono cercarsela in giro. Ma con gli organici risicati non sempre è facile staccarsi dal servizio».
Per far rispettare l’articolo 20 diventa determinante il ruolo della Consulta della formazione continua, dove figurano sindacati, associazioni, provider. «Noi intendiamo tutelare il diritto di chi è costretto ad assentarsi per conseguire i crediti e l’obbligo delle aziende di destinare un 1% del monte salari alla formazione. Il dipendente va messo in condizione di partecipare ad attività formative interne che rientrino nel normale orario di servizio. In Consulta intendiamo sostenere queste idee: so che l’organo rischia di essere pletorico e con poca forza decisionale, ma è la sede dove dovremo difendere i diritti della categoria e diffondere buone proposte. Da quando nel 2000 fu istituita la Speme (Società di Promozione dell’Educazione Medica) per erogare formazione richiesta dagli iscritti, i problemi di scarsa offerta in alcuni settori non sono cambiati. Ad esempio, anche quest’anno occorrerà reperire 50 crediti che in genere equivalgono a 50 ore di formazione; siccome un corso di rado supera le 6 ore, parliamo di 8-9 giorni di assenza necessari all’aggiornamento del dipendente. Sono colmabili anche con la Formazione a distanza; ma la Fad il medico la fa sottraendo al proprio tempo libero le ore da destinare a corsi che invece per legge l’azienda è tenuta ad erogare. Urge farsi sentire».
 

Mauro Miserendino