logo_doctor33

Intramoenia, in Emilia Romagna si parla di boom. I dati nazionali smentiscono

«L’impressione vista dal di dentro è che la libera professione intramuraria negli istituti bolognesi non stia vivendo il boom che traspare dalle pagine dei giornali. Negli ultimi anni nemmeno nelle specialità più gettonate i redditi libero-professionali dei dipendenti sono cresciuti, se non in casi sporadici. Inoltre, in specialità come la mia – chirurgia generale – c’è stato un calo. E comunque la crescita delle prestazioni pagate dai pazienti non sembra essere tale da colmare il calo che da qualche anno caratterizza l’offerta degli istituti ospedalieri felsinei». L’analisi del segretario Cimo Bologna Salvatore Lumìa smentisce impressioni che farebbero pensare a un boom dell’intramoenia in Emilia Romagna (e magari in altre regioni) dopo una lunga battuta d’arresto. Dalle pagine di Repubblica arriva il dato secondo cui solo nei locali di Policlinico Sant’Orsola, Ausl Bologna e Istituti Ortopedici Rizzoli in libera professione l’anno scorso si sono fatturati 50 milioni con un aumento di quasi il 30% dei ricoveri intramoenia.

 

Prestazioni più gettonate: ostetricia e ginecologia, screening dei tumori, cardiologia. Il dato contrasta con l’ultimo Rapporto sull’intramoenia (settembre 2015) che rivela per il 2013, ultimo anno rilevato, un calo di fatturato a livello nazionale da 1,15 miliardi e un panorama con meno prenotazioni, meno medici, redditi stabili/in calo. Peraltro Toscana Lombardia Marche e la stessa Emilia Romagna apparivano in controtendenza, con moderate crescite nel 2013, nello stesso arco di tempo in cui a livello Italia si era rilevato un calo del 6,2%. «A livello regionale e aziendale, a Bologna sono state fatte riorganizzazioni per non far mancare, prioritariamente, assistenza in tempi certi da parte del Ssn ai pazienti oncologici. Lì viene rispettata l’attesa massima di 30 giorni, che per inciso non parte dalla prima diagnosi ma dal momento in cui si completa il percorso diagnostico. Negli altri campi invece le attese nel pubblico sono spesso aumentate. Il personale continua a diminuire (il turnover non supera il 25%), insieme ai letti e alle sedute operatorie (legate a loro volta alla disponibilità di personale). A ciò va aggiunta la destinazione all’ospedale di Budrio di tutta la chirurgia a media e bassa complessità. In pratica, è venuta a mancare offerta a Bologna. Ma a differenza di quanto si possa pensare, non si sono impennati gli interventi in libera professione nei servizi dove più l’offerta è mancata. Questi interventi, pure in qualche caso in crescita, sono figli di una variabile indipendente: i bolognesi che possono permettersi una copertura assicurativa tale da consentire loro di pagare in intramoenia la prestazione».

 

Altra annotazione, «i media riportano che dei 22 milioni introitati al Sant’Orsola 17 sono stati intascati dai medici. Credo sia un dato erroneo, in media per ogni intervento tutto lo staff prende intorno al 40% della tariffa comprensiva di retta di degenza. Peraltro, questo ospedale utilizza il Fondo di Perequazione non solo per garantire un ristoro ai colleghi con ridotto accesso a interventi in libera professione, ma anche per pagare altri professionisti sanitari, e forse nella proporzione va considerato questo elemento. Infine, in materia, i media citano una procedura aziendale che dovrebbe derivare da un atto dell’Azienda ospedaliera: atto che in realtà non è stato ancora perfezionato».