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L’identikit dei “nuovi” medici. Preferiscono lavorare in ospedale, amano la ricerca e la divulgazione medico-scientifica. Ma entrare nel mondo del lavoro resta difficile

L’89% dei giovani medici intervistati manifesta la necessità di ricevere orientamento e formazione in materia di etica e di deontologia professionale. Nell’ultimo anno il 20,9% ha lavorato presso un ambulatorio privato, il 17,5% ha fatto sostituzioni di medicina generale, il 19,2% è un ospedaliero del Ssn, il 16,5% ha lavorato in una clinica privata e l’11% è un medico ospedaliero in una struttura convenzionata. L’INDAGINE DELL’OIS


Anche in condizioni di instabilità occupazionale e di discontinuità, i giovani medici rappresentano spesso, per inclinazione ai valori, capacità di dialogo con i pazienti, entusiasmo e dedizione, punti di riferimento significativi nelle comunità nelle quali sono inseriti. È il quadro che emerge dall’indagine sui camici bianchi under 40 ‘Chi ci curerà nel 2020?‘ realizzata da OIS (Osservatorio Internazionale della Salute) in collaborazione con OMCeO Roma insieme a FIMMG Roma, Cimo e Consulcesi.

 

La ricerca, presentata oggi presso il Ministero della Salute, è stata condotta attraverso un questionario online autosomministrato che è stato inviato a tutti i medici tra i 25 e i 40 anni. Il disegno della rilevazione ha previsto l’estrazione di un campione di circa 800 rispondenti (corrispondente a una frazione sondata pari a circa il 10%). L’indagine è stata concentrata su sei aree tematiche: la condizione professionale e retributiva dell’ultimo anno; le aspirazioni per il futuro; le esperienze di volontariato; la domanda formativa sui temi etici e deontologici; la tutela professionale e gli strumenti di sostegno finanziario alla professione.

 

Il profilo tipo che emerge utilizzando modelli statistici avanzati è quello di un giovane medico che inizia a lavorare prima dei 28 anni, aspira ad entrare in una struttura ospedaliera o in una clinica, oppure a svolgere attività di divulgazione medica e scientifica. Un altro aspetto che caratterizza questi giovani medici è rappresentato dall’impegno sociale, espresso attraverso l’attività di volontariato che svolgono o hanno svolto in passato.
 

 

Il dato sull’inserimento lavorativo è molto positivo rispetto ad altre professioni (l’85,1% degli intervistati svolge attività medica retribuita), ma si segnala una grande frammentarietà con il 32,1% che ha fatto almeno due attività diverse nel corso dell’ultimo anno. Nell’indagine si confermano alcuni dei mali cronici del mercato del lavoro italiano: così ci sono ben tre punti percentuali di scarto tra gli uomini e le donne occupate (86% a 83%) e oltre 4 punti rispetto alla quota di medici che sperimenta un ingresso precoce nel mercato del lavoro: il 59,9% delle donne comincia a lavorare entro i 28 anni, contro il 64,3% dei colleghi dell’altro sesso.

 

Da segnalare, inoltre, che l’89% dei giovani medici intervistati manifesta la necessità di ricevere orientamento e formazione in materia di etica e di deontologia professionale. Questa sensibilità è particolarmente accentuata fra le donne (92,6%), fra i più anziani (fra gli over 36, si raggiunge il 91%), fra i residenti nelle regioni del Nord (95,6%).
 

 

Per quanto riguarda le strutture in cui sono impiegati, nell’ultimo anno il 20,9% ha lavorato presso un ambulatorio privato; il 17,5% ha fatto sostituzioni di medicina generale; il 19,2% è un ospedaliero del Ssn; il 16,5% ha lavorato in una clinica privata; l’11% è un medico ospedaliero in una struttura convenzionata; l’8,7% ha avuto incarichi di guardia medica; l’8,9% ha svolto attività medica sul territorio per il Ssn. Infine, il 4,7% dei medici ha lavorato all’estero.

 

I giovani medici manifestano anche una buona propensione alla ricerca scientifica e alla divulgazione medica: indicano queste inclinazioni rispettivamente il 50,8% e il 40,5% degli intervistati. Gradirebbero svolgere attività di ricerca scientifica il 52,6% delle donne, e i medici più giovani (56,4%). La divulgazione medica è una preferenza espressa maggiormente dagli uomini, il 43%, mentre è meno sentita dagli over 35, tra i quali la indicano il 36,7% degli intervistati. I medici residenti del Mezzogiorno sono i più interessati alla medicina divulgativa: scelgono infatti questa attività il 43,1% di coloro che risiedono al Sud.

 

Molto diffusa tra i giovani medici la copertura assicurativa. È infatti l’87,5% la quota di coloro che l’ha sottoscritta. Tale percentuale raggiunge il 90% tra gli over 30, il 91,2% nelle regioni del Nord, mentre in quelle del Mezzogiorno si attesta all’84,7%. Il 4,9% dei medici assicurati ha dovuto ricorrere all’assistenza per la copertura di un danno. In generale, il 69,2% degli intervistati si sono dichiarati interessati a un programma di sostegno finanziato agevolato per l’avviamento della propria attività professionale. Si tratta, in particolare del 72,6% delle donne, l’85,2% dei medici più giovani (under 30), il 75,2% dei medici residenti nelle regioni del Centro e il 96,8% degli intervistati non specializzati e l’82,1% degli odontoiatri.

 

Le differenze territoriali si riflettono nettamente sui livelli di occupazione. È occupato il 92% dei medici residenti nelle regioni del Nord. Il valore scende all’83,8% al Centro e si abbassa ancora di più nel Sud, raggiungendo il 76,4%. I medici residenti al Nord e nel Mezzogiorno lavorano più frequentemente in un ospedale del SSN (35,4% e 30,6% rispettivamente), quelli del Centro presso ambulatori privati (23,4%). La maggior parte dei medici comincia a lavorare entro i 28 anni, ma in proporzione diversa a seconda della geografia: il 70,9% di quelli del Nord e il 56,1% di quelli del Centro, mentre solo il 40% di quelli del Mezzogiorno hanno avuto questa possibilità.
 

 

“La finalità di questo tipo di indagini è proporre soluzioni – conclude Giuseppe Petrella, Presidente del Comitato Scientifico di OIS – facendo, dunque, seguire l’azione alla ricerca. In tal senso una risposta all’esigenza di superare le difficoltà causate dal blocco del turnover del Servizio sanitario nazionale, è costituita da forme innovative di economia sociale, come le startup di giovani medici. Tali startup, senza inficiare compiti e funzioni del Ssn, potrebbero avere natura low-profit e realizzare progetti di medicina preventiva (campagne di educazione sanitaria, screening, sensibilizzazione su tematiche di attualità) per conto di Enti pubblici o privati; iniziative e servizi innovativi a sostegno dei pazienti con patologie croniche; attività di medicina divulgativa (blog, siti web, giornali, WebTV).

 

Queste startup, aggiunge Petrella, “potrebbero orientarsi all’assistenza primaria ambulatoriale, all’assistenza domiciliare integrata e alla creazione di comunità assistenziali. I risultati suggeriscono però anche di estendere al maggior numero possibile di giovani professionisti, attraverso un coordinamento ad esempio con le Onlus e con le realtà del terzo settore, l’opportunità di dedicarsi alla pratica sanitaria nell’ambito del mondo del volontariato, che possano offrire ai giovani medici una occasione di crescita culturale, sociale e professionale. Inoltre sarebbe auspicabile creare pacchetti previdenziali integrativi dedicati ai giovani professionisti e programmi di sostegno finanziario, da destinare a chi avvia l’attività professionale, finalizzati a specifiche iniziative”.