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Colpa medica, un decalogo per cambiare (Il Sole Sanità)

In Italia negli ultimi anni abbiamo assistito a un incremento delle richieste di risarcimento con pesanti ricadute sui medici e sul Ssn. Pochi sanno che il 95% di queste richieste, è vero che finiscono in tribunale, ma oltre il 70% dei medici viene comunque prosciolto o assolto. Quali sono comunque le conseguenze di questi procedimenti giudiziari? I processi durano anni, presentano un conto elevatissimo a carico del medico, ma soprattutto ne condizionano pesantemente l’attività professionale. Quindi medicina difensiva, con costi sempre più elevati per il servizio pubblico.

L’alto numero di assoluzioni e proscioglimenti indica anche chiaramente quanto molte delle richieste siano strumentali e non basate su solidi presupposti. E non solo: i meccanismi procedurali del nostro sistema non consentono al medico innocente di rivalersi, poi, su chi lo ha citato. A tutto questo occorre aggiungere i ritardi nei tempi di risarcimento che penalizzano il cittadino che invece ha veramente subìto un danno e un sistema risarcitorio che obbliga a individuare un colpevole, per indennizzare chi è rimasto vittima di un evento avverso.

La legge Balduzzi e gli altri provvedimenti che la hanno preceduta sono carenti e non hanno affrontato il problema in modo radicale, cioè nell’unico modo che possa consentire di salvare un sistema sanitario universalistico come il nostro. Altrimenti assisteremo all’esplodere dei costi assicurativi e di conseguenza a una profonda modificazione del sistema con una Sanità per ricchi e una per tutto il resto della popolazione di livello drammaticamente inferiore a quella che abbiamo ora.

È necessario quindi agire su più fronti: prevenzione, copertura assicurativa, normativa civile e penale.

Il convegno “Colpa medica – 10 mosse per salvare l’universalità del sistema sanitario nazionale” organizzato il 14 maggio da Cimo Asmd a Milano, è stato un momento di riflessione non solo per noi medici ma anche per giudici e avvocati. La soluzione individuata e largamente condivisa è riconducibile a 10 punti:

–  depenalizzazione dell’atto medico;

–     obbligo di copertura assicurativa o di gestione diretta del sinistro da parte della struttura;
– obbligo dell’introduzione nelle aziende di una vera prevenzione del rischio;
– obbligo di percorsi extragiudiziali e penalizzazioni per chi rifiuta l’accordo   strumentalmente;
– applicazione del concetto di lite temeraria con diritto di rivalsa del medico nei confronti di coloro che intentano cause strumentalmente senza alcun fondamento clinico;
– inversione dell’onere della prova nei processi civili (in quelli penali è a carico di chi accusa, nel civile dovrebbe essere in capo a chi è accusato);
– introduzione del concetto di alea terapeutica, quando a esempio vi siano effetti avversi non prevedibili con l’uso di un farmaco;
– riduzione del numero di anni della prescrizione da 10 almeno a 5;
– introdurre un tetto massimo di risarcimento basato su valutazioni oggettive del danno;
– costituzione di Albi dei periti con criteri stringenti ed eventualmente certificati dalle società scientifiche.

Siamo consapevoli che l’atto medico è fallibile e nessuno strumento di risk management potrà mai impedire l’errore, ma possiamo ridurne la frequenza. Dovremmo quindi trovare il coraggio di decolpevolizzare gli atti medici, o quanto meno immaginare un’inversione dell’onere della prova, per evitare al personale sanitario di lavorare in un atteggiamento di giustificazione e di difesa.

La questione è comunque complessa e fino a oggi non ha trovato soluzioni valide, nonostante vari tentativi. Per questo motivo Cimo Asmd chiede al Governo e al Parlamento che anche la colpa professionale del medico rientri nelle riforme necessarie all’ammodernamento e al superamento della crisi economica del nostro Paese.

Riccardo Cassi
Presidente nazionale Cimo Asmd

Sergio Barbieri
Segretario Cimo Asmd Lombardia – Referente nazionale Cimo Asmd per la colpa professionale