I medici dicono no al ruolo unico della dirigenza
vogliono tornare ad essere autori della propria professione

I dati del sondaggio "Medico Oggi. Una professione in cerca d’autore" che è anche il titolo del prossimo convegno Cimo Asmd che si terrà a Roma il 27 maggio prossimo, parlano chiaro.
I medici non vogliono più una carriera come quella degli altri dirigenti della pubblica amministrazione.


Il sondaggio Cimo Asmd condotto su un campione di oltre 6 mila medici, mostra una fotografia molto nitida rispetto alla soddisfazione e alla gratificazione della professione medica nel SSN. Solo il 5 per cento degli intervistati si sente un professionista gratificato e riconosciuto nel suo ruolo professionale; solo l’8 per cento dice che l’azienda per cui lavora gli ha fornito tutti gli strumenti utili al suo lavoro e solo il 25 per cento sostiene che la sua carriera sia realmente conforme alle sue capacità professionali.
"Noi di Cimo lo diciamo da tempo, non è più possibile per i Medici del servizio sanitario nazionale andare avanti in questo modo. La professione medica va riformulata interamente - afferma il Presidente Riccardo Cassi - Attualmente le funzioni mediche sono reputate dirigenziali a prescindere se siano di direzione di struttura o di studio e di ricerca. In questo modo si riconosce al medico uno status di dirigente pubblico atipico rispetto al contesto in cui opera. Infatti il medico, come lo stesso sondaggio conferma, avverte un senso di disagio perché da un lato deve adempiere ai propri doveri deontologici e professionali e dall’altro alle disposizioni di una pubblica amministrazione che basa il lavoro solo su aspetti burocratici e amministrativi". Il 37 per cento dei medici dell’indagine afferma che il lavoro che ha scelto è gratificante ma che è poco valorizzato dalle aziende in cui esercita; il 31 per cento che il lavoro medico ormai sia solo un adempimento di natura legislativa e gestionale e il 61 per cento richiede un inquadramento diverso da quello degli altri dirigenti della PA.
"È stato un errore enorme aver appiattito tutti i medici dipendenti in un unico livello giuridico senza riconoscerne le peculiarità rispetto alle altre figure dirigenziali - continua Cassi - per questo è necessario un radicale cambiamento che riconosca una categoria speciale professionale che includa l’area della dipendenza e quella della convenzionata. La carriera del dirigente medico dovrà tener conto delle effettive peculiarità del professionista che derivano da un percorso formativo di elevata specialità. Noi di Cimo abbiamo già scritto una proposta di riforma che illustreremo martedì 27 maggio nell’ambito del nostro convegno, alle istituzioni e alle altre sigle sindacali".


IL MINISTRO LORENZIN INCONTRA LA SANITÀ TOSCANA

Il Ministro Beatrice Lorenzin ha partecipato all’incontro con gli esponenti della Sanità toscana, organizzato da Cimo Asmd presso l’Ordine dei Medici di Firenze. Era presente l’assessore Regionale Luigi Marroni. Il Ministro nel suo intervento ha ripercorso l’attività di quest’ultimo anno, ricordando in particolare quanto fatto per evitare che per la prima volta da anni la sanità subisse tagli, ed ha indicato le prossime iniziative a partire dal Patto per la Salute. Rispondendo ad una domanda del Presidente CIMO Riccardo Cassi, ha dichiarato che si sta impegnando affinché ai Medici venga riconosciuta la specificità del loro lavoro e che tale specificità venga riconosciuta anche nella riforma della dirigenza della PA.

Intervento integrale del Ministro Lorenzin »


COMUNICATO STAMPA
Basta con la demagogia e il populismo gratuito contro i medici, soprattutto quando è esercitato da altri medici solo per farsi pubblicità.


CIMO ASMD: Siamo sconcertati da quanto affermato dal dott. Cristiano Huscher durante la puntata di Virus. Non possiamo non intervenire, è necessario fare chiarezza perché in quella sede, andando contro a tutte le regole del giornalismo e dell’informazione, è stato dato spazio ad una sola posizione e chiaramente a quella che strappa facilmente gli applausi".


DA QUOTIDIANO SANITÀ
QUESTIONE MEDICA E LA RIFORMA DEL TITOLO V. "PRIMA DI TUTTO IL MEDICO AL CENTRO DEL SISTEMA"


Dopo gli interventi di Troise e Gigli, prende la parola anche il presidente della Cimo che sottolinea come la modifica del titolo V non risolva di per sé la "questione medica". Prima occorre ripensare lo "status" del medico che deve riappropriarsi della libertà di azione nei processi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione

La "questione medica" che è esplosa negli ultimi anni non è dipendente dalla modifica del titolo V, che è contestuale come periodo temporale, ma i cui effetti sono ricaduti principalmente sui cittadini aumentando le diseguaglianze tra le varie Regioni e sui conti del FSN il cui deficit è esploso in maniera esponenziale e, attraverso sprechi, ruberie, mancati interventi riorganizzativi, ha contribuito a mettere in crisi l’universalità e la sostenibilità del sistema. Noi siamo sostenitori della necessità di una modifica del titolo V perché l’esperienza di questo decennio ha dimostrato che occorre che lo Stato, attraverso il Ministero della Salute ed il Parlamento, sia in grado di garantire su tutto il territorio nazionale il diritto alla salute ai cittadini, lasciando, alle Regioni, la gestione con propri modelli organizzativi, all’interno di un definito standard assistenziale ospedaliero e territoriale che sia omogeneo su tutto il territorio nazionale. Occorre quindi che sia il Parlamento a stabilire i LEA, che gli stessi LEA non siano di esclusiva natura economica, ma che tengano conto di indicatori di qualità, appropriatezza e adeguatezza, ad iniziare dal fabbisogno minimo di risorse umane, tecnologiche, strutturali e standard organizzativi necessari a garantirli, e che il Governo possa concretamente intervenire con gli indispensabili strumenti correttivi, laddove i governi regionali dimostrino la loro incapacità a modificare i propri modelli gestionali ed organizzativi. Per questo riteniamo fondamentale l’introduzione della "clausola di salvaguardia".


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