Contratto medici, il pressing di Guido Quici (CIMO) sulle istituzioni: «Intasiamo i social dei politici»


Un tweetmob per puntare i riflettori sulla protesta della categoria: «Ci sono strumenti che stanno facendo la fortuna di alcuni, utilizziamoli anche noi». Ma il presidente della CIMO si dice «moderatamente ottimista» per lo sblocco della RIA

 

di Giulia Cavalcanti 

 

C’è un misto di ottimismo e paura nelle parole che Guido Quici, presidente della CIMO, ha utilizzato per raccontare l’incontro con la Commissione Affari Sociali sull’annosa questione del rinnovo del contratto di medici, veterinari e dirigenti sanitari. Ottimismo per la «disponibilità dimostrata» e l’intenzione della presidente Marialucia Lorefice (M5S) di intervenire per sbloccare la Retribuzione Individuale di Anzianità. Paura, anzi, «terrore» che le Regioni si oppongano allo sblocco, poiché «la RIA è un avanzo di amministrazione in prima istanza per le aziende, e in seconda istanza per le Regioni».

 


L’intenzione di incrociare le braccia il 23 novembre dunque rimane e, anzi, in assenza di cambiamenti concreti Quici si augura che «sia l’inizio di una serie di iniziative. Se fosse per me – ci ha rivelato Quici a margine dell’assemblea pubblica in cui i sindacati si sono confrontati con esponenti di diversi partiti politici – farei uno sciopero a scacchiera, bloccando tutti i servizi con cadenza periodica. Se fosse per me – ha continuato – intaserei i social di tutti i parlamentari e degli assessori regionali. Ci sono strumenti che stanno facendo la fortuna di alcuni, non vedo per quale motivo non possiamo utilizzarli anche noi».

 

Un tweetmob per puntare i riflettori social sulle lotte della categoria, quindi, che vanno al di là del rinnovo del contratto di lavoro: tra i temi che hanno portato i sindacati a proclamare lo stato di agitazione ci sono infatti anche lo smantellamento del Servizio Sanitario Nazionale, il peggioramento delle condizioni di lavoro, la mancanza delle assunzioni, l’incertezza del futuro dei giovani lasciati fuori dalla formazione post laurea. È il possibile sblocco della RIA, però, a catalizzare l’attenzione di chi è intervenuto agli incontri.

 

«La RIA, oggi – ha spiegato Quici -, rimane nella pancia delle aziende e delle Regioni e viene utilizzata per tanti scopi, tranne che per la progressione di carriera di medici e dirigenti sanitari. Da un lato quindi non c’è nessun risparmio; dall’altro si preclude la carriera dei dirigenti, e quindi si impedisce al medico di lavorare con maggiore stimolo, che sarà poi facilmente portato ad uscire dalla struttura pubblica e andare nella struttura privata».

 

«Sbloccarla è una questione politica – ha proseguito – e con un emendamento si può risolvere la questione. Al Ministero per la Pubblica Amministrazione stanno lavorando nell’ottica di inserire un emendamento all’interno del decreto Concretezza e rimettere così la RIA in gioco. Ci consentirebbe di retribuire il disagio, quindi tutto quello che riguarda, ad esempio, il lavoro straordinario, le guardie o le reperibilità. In un contesto in cui gli ospedali sono gravemente sotto organico, è normale che queste risorse, stimate in diversi milioni di euro, siano vitali».

 

C’è anche una questione di tempistica, da tenere in considerazione: «La gobba pensionistica sta iniziando adesso e proseguirà nei prossimi anni – ha spiegato il presidente della CIMO -. Tutti i colleghi che andranno in pensione hanno una RIA elevata che poi scomparirà, visto che fu bloccata nel 1993 e i neo assunti, quindi, non ce l’hanno proprio. Se non si interviene adesso, tutte queste risorse verranno riassorbite dalle aziende e non verranno impegnate per la progressione di carriera. Significa che un medico andrà in pensione con lo stesso stipendio di quando ha iniziato la sua attività, 30 anni prima. E questo la dice lunga sulla predisposizione dei più giovani e dei più bravi ad andare a lavorare nel privato. Poi, se Governo e Regioni vogliono che le strutture pubbliche chiudano, basta dirlo».


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