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Cimo: No a taglio pensioni a chi ha versato i giusti contributi. Governo difenda certezza del diritto nella democrazia

In queste settimane in cui, per l’ennesima volta, il tema delle cosiddette “pensioni d’oro” è stato cavalcato dalla politica come soluzione a vantaggio delle “pensioni deboli”, Cimo e in particolare la sua sezione dedicata ai medici pensionati ha “pazientemente atteso – spiega il Sindacato – che il buon senso e i numeri si facessero largo tra gli annunci, le semplificazioni demagogiche e il bisogno politico-mediatico di fomentare contrapposizioni. Ma ora intende opporsi nettamente alle ipotesi in campo e promette una convinta difesa dei diritti dei medici pensionati, insieme ai i dirigenti del mondo pubblico e privato, in tutte le sedi legali, politiche e istituzionali”. «Le proposte attualmente sostenute dai membri del governo sono una vera e propria aggressione alla dignità e ai diritti di medici, professionisti, dirigenti pubblici e privati che nelle loro storia lavorativa hanno pagato correttamente ed in base alle leggi vigenti tutti i contributi richiesti per costruire la loro attuale pensione», ha detto Massimiliano Bucari, coordinatore nazionale Cimo Pensionati. «Che lo Stato si faccia carico, a nome della collettività, di aiutare le fasce più deboli è importante e rappresenta anche una presa di coscienza della complessità della vita odierna, che richiede un adeguamento delle pensioni più deboli», ha commentato Guido Quici, Presidente Nazionale Cimo. «Ma tale miglioramento non può essere fatto colpendo chi ha versato congruamente e creando incertezze sul futuro di chi ha una storia professionale riconosciuta e riconoscibile come quella dei nostri medici. Vogliamo ancora credere che lo Stato di diritto sia un pilastro irrinunciabile della vera democrazia, di quella organizzata e non di quella della Fattoria di orwelliana memoria», conclude Quici. Cimo ritiene che “qualunque tipo di intervento che possa essere considerato dal Governo in carica per recuperare risorse sulle pensioni, si configurerà di fatto come una nuova tassa, per di più iniqua e incostituzionale. E se passerà il tetto dei 4 mila euro, non è escluso che tale limite possa scendere ancora alla prima occasione elettorale, abbattendosi così su milioni di pensionati “colpevoli” di aver avuto un assegno secondo le leggi dello Stato, calcolato con il metodo retributivo o misto. Si tratta dunque di non aprire la porta all’incertezza per ogni categoria di lavoratori o pensionati, che non potranno mai programmare il proprio futuro o avere garanzie sui propri diritti. Cimo ricorda inoltre i contributi di solidarietà già versati dalla categoria dei medici dirigenti a beneficio del bilancio dell’Inps e di altre categorie di pensionati: dai prelievi forzosi della Cassa Pensioni Sanitarie al passaggio dei fondi (in attivo) all’Inpdap fino alla confluenza nell’Inps (ultima collocazione), cui si può aggiungere la mancata perequazione delle pensioni. In questo contesto, Cimo ribadisce dunque il proprio no, netto e chiaro, a qualsiasi modifica che comporti un arretramento delle pensioni dei medici guadagnate in modo trasparente e legale, pronta a unire la propria voce a quella della vasta platea di dirigenti pubblici e privati aderenti a Cida in tutte le sedi opportune”.