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Stabilizzazione dei precari della Sanità, il Cimo scrive al ministro: «Numerose disparità nelle procedure»

Il presidente nazionale del sindacato dei medici, Guido Quici, ha inviato una nota a Marianna Madia: «Non è condivisibile la stabilizzazione dei “non precari”, cioè di coloro che hanno contratto a tempo indeterminato in una azienda ma espletano la propria attività a tempo determinato altrove».

 

«Forte preoccupazione per le numerose difformità interpretative insorte nelle aziende del SSN in merito alla corretta applicazione delle procedure di stabilizzazione dei precari».

 

È il senso della nota inviata oggi da Guido Quici, Presidente Nazionale del CIMO, al Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, Marianna Madia (clicca qui per leggerla).

 

Il Decreto n. 75, entrato in vigore il 22 giugno 2017, è già stato oggetto di ben 2 Circolari esplicativeemanate dallo stesso Ministero nonché di alcuni interventi correttivi inseriti nella Legge di Bilancio approvata lo scorso dicembre, ma nonostante ciò persistono da parte delle aziende o enti destinatari della sua applicazione alcune perplessità filologiche.

 

Dal Cimo sottolineano: «Non è condivisibile l’interpretazione secondo la quale potrebbero essere stabilizzati anche i “non precari” e cioè i soggetti che hanno un contratto a tempo indeterminato in una azienda sanitaria ma espletano temporanea la propria attività con contratto a tempo determinato altrove. Questa tesi verrebbe a stravolgere completamente lo spirito stesso della norma che è appunto volta unicamente al superamento del precariato e non alla elusione delle norme che regolamentano la mobilità regionale ed interregionale ex art. 30 del D. Lgs. 165 del 2001».

 

Dal sindacato aggiungono: «Prendiamo atto che la Conferenza delle Regioni con parere reso il 15 febbraio è addivenuta alle medesime conclusioni da noi sostenute, e al tempo stesso ha precisato come, non avendo quel documento forza di legge, ciascuna Regione potrebbe decidere se osservarlo o meno. E, allora, se già la sanità italiana è balcanizzata in 20 regioni, non vorremo che anche per stabilizzazione dei precari avvenissero analoghe disparità».

 

«Noi diciamo “no” a quella che sarebbe una gravissima discriminazione che rischierebbe di lasciare nella stessa identica condizione di prima una buona fetta di precariato, scavalcato questa volta da chi un posto fisso ce l’ha già. Tutto ciò è inaccettabile. Chiediamo il rispetto delle regole: prima si definiscano le procedure di stabilizzazione, esaurendo una volta per tutte la stagione del precariato, e dopo si dia il via libera alle vere procedure di mobilità, regionale ed interregionale, che sottostanno anch’esse a precise norme ben codificate. E forse alla fine, potremmo magari tornare, come si fa in tutti i Paesi normali, a bandire un concorso pubblico vero e proprio».

 

di Redazione