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CIMO ASMD: RIPORTIAMO IL MEDICO AL SUO GIUSTO RUOLO

Una richiesta esplicita di intervenire sullo stato giuridico del medico giunge dal Coordinamento italiano medici ospedalieri – Associazione sindacale medici dirigenti (Cimo-Asmd), riunito in assemblea a Roma. Nello specifico, si chiede che venga superato il Decreto Legislativo 229/99, sottolineandone gli effetti negativi sulla carriera e sull’operato dei medici. «Dalla riforma emessa nel giugno del 1999 -ha spiegato a DoctorNews33 il presidente Riccardo Cassi – un professionista che sa fare molto bene il proprio lavoro di medico non può diventare direttore di struttura se non è in sintonia con gli obiettivi gestionali dell’azienda, che molto spesso non sono facilmente raggiungibili». Cimo-Asmd analizza gli effetti del decreto, facendo notare che la carriera del medico si è trasformata in un sistema di incarichi a tempo, con verifiche sia gestionali che tecnico-professionali. I dirigenti di struttura complessa sono nominati dai direttori generali attraverso una selezione basata solo su criteri “aziendali” e la recente parziale modifica introdotta dalla legge Balduzzi non modifica sostanzialmente la procedura. Secondo il dottor Cassi, la norma «ha messo la carriera dei medici nelle mani dei direttori generali, che sono autorizzati a non nominare il medico più bravo ma quello che è più in sintonia con loro» e questo ha contribuito ai fenomeni di lottizzazione e malcostume che sono sotto gli occhi di tutti: «un clinico di valore che non è legato a nessun gruppo non riesce ad arrivare all’apice della carriera». Che ne è allora del riconoscimento della competenza? «In tutto il mondo la si valuta, anche in Italia c’è l’Agenas che fa un’analisi dei risultati dell’attività clinica dei medici, ma questo non viene considerato per fare carriera». Come si può ovviare a questa situazione? «I medici devono avere una loro area contrattuale autonoma – chiede Cimo-Asmd – dove poter trattare le specificità dell’attività svolta, quali ad esempio la copertura H24 dell’emergenza, le competenze e le attribuzioni notevolmente diverse rispetto alla restante dirigenza, la necessità di una valutazione prevalentemente tecnico-professionale. Di conseguenza occorre aumentare a cinque le aree contrattuali per la dirigenza, che la riforma Brunetta ha ridotto a quattro».